Ombre
Sono nato al di qua di questi fogli
lungo un fiume, porto nelle narici
il cuore di resina degli abeti, negli occhi il silenzio
di quando nevica, la memoria lunga
di chi ha poco da raccontare.
Il nord e l'est, le pietre rotte dall'inverno
l'ombra delle nuvole sul fondo della valle
sono i miei punti cardinali;
non conosco la prospettiva senza dimensione del mare
e non era l'Italia del settanta Chiusaforte
ma una bolla, minuti raddensati in secoli
nei gesti di uno stare fermi nel mondo
cose che avevano confini piccoli, gli orti poveri, le cataste
di ceppi che erano state un'eco di tempo in tempo rincorsa
di falda in falda, dentro il buio. E il gatto che si stende
in questi posti, sulle lamiere di zinco, alle prime luci
di novembre, raccoglie l'aria di tutte le albe del mondo;
come i semi dei fiori, portati, come una nevicata leggera
ho sognato di raggiungere i miei morti
dove sono le cose che non vedo quando si vedono
Amerigo devoto a Gina che cantava a voce alta
alla messa di Natale, il tabacco comprato da Alfredo
e Rino che sapeva di stallatico, uomini, donne
scampati al tiro della storia
quando i nostri aliti di bambini scaldavano l'inverno
e di là dalle montagne azzurrine, di là dai muri
oltre gli sguardi delle guardie confinarie
un odore di cipolle e di industria pesante premeva, 
la parte di un'Europa tenuta insieme 
da chiodi ritorti e bulloni, martelli e chiavi inglesi. 
Il futuro non è più quello di una volta, è stato scritto 
da una mano anonima, geniale 
su di un muro graffito alla periferia di Udine, 
il futuro è quello che rimane, ciò che resta delle cose convocate
nello scorrere dei volti chiamati, aggiungo io. 
E qui, mentre intere città si muovono 
sulle piste ramate degli hardware
e il presente irrompe con la violenza di un tavolo rovesciato, 
mio padre torna per sempre nella sua cerata verde 
bagnata dalla pioggia e schiude ai figli il suo sorridere 
come fosse eternamente schiuso. 
Se siamo ancora cosa siamo stati, 
io sono lo stare di quell'uomo bagnato dalla pioggia, 
che portava in casa un odore di traversine e ghisa 
e, qualche volta, la gola di Chiusaforte allagata dall'ombra 
si raduna nei miei occhi da occidente a oriente, piano piano 
a misura del passo del tramonto, bianco; 
e anche se le voci del mondo si appuntiscono
e qualcosa divide l'ombra dall'ombra 
meno solo mi pare di andare, premendo un piede 
dopo l'altro, secondo la formula del luogo, 
dal basso all'alto, seguendo una salita.

da "Azzurro elementare" (1992-2010), BUR contemporanea, 2013

Piangere non è un sussulto di scapole

e adesso che ho pianto
non ho parole migliori di queste
per dire che ho pianto
le parole più belle
le parole più pure
non sono lo zampettío delle sillabe
sull’inverno frusciante dei fogli
stanno così come stanno
né fuoco né cenere
fra l’ultima parola detta
e la prima nuova da dire
è lì che abitiamo.

 

da “La misura dell’erba”(1993-1998), Gallino, 2001

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