" Casa sul mare " di Eugenio Montale, dedicata a Loredana Martinez
ll viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono
l'anima che non sa più dare un grido.
Ora I minuti sono eguali e fissi
come I giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d'acqua che rimbomba.
Un altro, altr'acqua, a tratti un cigolio.
Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
I soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l'isole dell'aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.
Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell'ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s'appressa
l'ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s'infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l'avara mia speranza.
A' nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l'offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m'ode
salpa già forse per l'eterno.
Si fa notte presto
Adesso sto sempre in casa
e sposto carte o guardo
oltre i vetri della finestra
le mandorle secche attaccate ai rami
che arrivano fino quassù
e sembrano pendagli alle orecchie
di gente che non c’è più.
O sto seduto su una sedia
vicino al camino
e si fa notte presto
con la luce che cade dietro le montagne
e io vado a letto con la voglia di sognare
i giorni che nevicava a Mosca,
e io ero innamorato.
( Antonio Guerra, detto Tonino)
Addio, Roberto
SANT'AGOSTINO: "La morte non è niente..."
La morte non è niente. Sono solamente passata dall'altra parte: è come fossi nascosta nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace
FELIZ NAVIDAD
Potevamo mancare di assistere allo spettacolo “Stavolta m’ammazzo sul serio”?
Noi che amiamo così tanto Antonio Amurri da aver tratto ispirazione da un suo libro per il nome della nostra amata barca? Quale? DimmidiZi !!!
Che siamo affezionati al delizioso Teatro Le Sedie che ha ospitato spettacoli che hanno visto la nostra partecipazione e soprattutto siamo legati da amicizia di lunga data al suo direttore Andrea Pergolari?
Che apprezziamo e stimiamo professionalmente Emanuele Salce?
No. Non potevamo mancare.
E per fortuna.
Teatro gremito - le sue innumerevoli sedie non bastavano - pubblico di ogni età, tutti grandi estimatori di Amurri, pronti a godere dell’adattamento teatrale di Roberta Amurri e Andrea Pergolari del libro omonimo.
E l’aspettativa non è andata certo delusa: ritmo incalzante, bei movimenti di regia, piacevoli intervalli musicali dell'Ensemble Armonia Nascosta diretto da Franco Di Luca su canzoni di cui Amurri è stato paroliere.
E’ la storia dei reiterati tentativi di suicidio di un cinquantenne in crisi, perseguitato dall’ossessivo pensiero del tempo che, avanzando, porterà la inevitabile decadenza fisica.
Pur avendo cercato un palliativo esorcizzante in una nuova relazione amorosa fuori dal matrimonio con una giovane che potrebbe essere sua figlia (avendone l’età) avverte che non è questa la strada per sconfiggere i suoi demoni.
Convinto di non avere la forza di affrontare l’arrivo inesorabile della vecchiaia programma pertanto ripetuti, e diversificati nel metodo, tentativi di suicidio che non trovano mai, per svariate circostanze intervenute, l’epilogo finale; abortiscono tutti nel momento conclusivo per inezie, intoppi, contrattempi (forse anche cercati?), lasciando però il protagonista sempre più determinato.
Ed ecco che l’ennesimo tentativo – in un fine settimana nel quale moglie e figli si allontanano da casa – sembra poter avere finalmente successo attraverso l’assunzione di un numero imprecisato ma consistente di tranquillanti e ipnotici; il nostro eroe sembra avercela finalmente fatta, i farmaci hanno effetto ed eccoli produrre un delirio logorroico ed esilarante sul tema, appunto, della crisi legata alla mezza età.
Il nostro “eroe”, esaltato, infiammato, preda di un parossismo quasi orgasmico, interpretato da Emanuele Salce con un ritmo frenetico, vorticoso, nel quale dà una prova attoriale di grande livello, mentre finalmente si accascia in uno stato soporoso…………
.....................viene salvato in extremis dall’intervento della moglie rientrata a casa a causa di un banale guasto all’automobile.
Risate amare, e anche no, ricordi legati a tante belle canzoni, divertimento per una satira tanto intelligente e godimento per una pièce ben riuscita dal punto di vista registico e interpretativo.
Insomma, una gran bella serata. Coronata da tanti applausi.
Bravi tutti.
Emanuele in primis.
E anche i suoi colleghi: Manuela Lomeo (la moglie), Paolo Giommarelli (l’inconscio).
Suggestiva la musica jazzata eseguita dall'Ensemble Armonia Nascosta diretto da Franco DI Luca.
In ultimo, ma non ultima, va la menzione all’ottima regia di Massimiliano Pazzaglia che ha usufruito del bell’adattamento teatrale di Roberta Amurri e Andrea Pergolari.
Stefania Minnucci
TENDE ALLA BELLEZZA E ORNA IL MONDO
Una giornata ricchissima di eventi ci aspettava al Vittoriale degli italiani. Un cielo sereno con temperatura mite e un lago incantevole fornivano supporto a una coreografia già splendida in sé.
“Tende alla bellezza e orna il mondo” il titolo di questa giornata di festa, tratto dalla Carta del Carnaro: “Il lavoro, anche il più umile, anche il più oscuro, se sia bene eseguito, tende alla bellezza e orna il mondo”.
L’opportunità di ammirare lo splendido parco, le strutture e, soprattutto, le mostre e le opere d’arte inaugurate in questa occasione è stata offerta a un vasto numero di persone accorse per questa festa in concomitanza con il 160° anniversario di Gabriele d’Annunzio (nato il 12 marzo 1863).
Splendido anfitrione, il Presidente Giordano Bruno Guerri ci conduceva lungo i percorsi del Vittoriale, introducendoci a queste nuove ricchezze, affiancato da ospiti civili e militari a prendere parola per presentare le varie iniziative in cui erano coinvolti.
Dopo l’alzabandiera, la prima mostra ad attenderci riguarda la figura di Vittorio Cini nel Museo d’Annunzio segreto, ricco di cimeli immersi in un’atmosfera magica.
A seguire, a Villa Mirabella, la mostra di Lorenzo Viani, pittore, incisore, scrittore, poeta viareggino, di cui abbiamo potuto ammirare molte, notevoli opere di grande impatto artistico ed emotivo.
Inerpicandoci poi raggiungiamo il Canile, dove troviamo, invece, la colombaia e, sorpresi dal rapido volo di tanti volatili, assistiamo all’inaugurazione di una splendida opera, “Le colombe di Erice” di Paola Lo Sciuto, riproducente in ceramica e metallo un volo di bianche colombe che si muovono nel vento grazie all’elasticità della struttura che le sostiene.
Ma il viaggio non finisce qui. E di buona lena saliamo alla Nave Puglia per apprezzarne il restauro, unito alla messa in sicurezza dei contrafforti della fiancata laterale sinistra e ammirare i modellini navali di rara perfezione contenuti nella stiva-museo.
Un ultimo sforzo e raggiungiamo il MAS, restaurato, circondato da opere esegute appositamente da autori contemporanei e donate al Vittoriale, che costituiscono la seconda parte della mostra dedicata a “Vittorio Cini. L’ultimo Doge”.
Una bella iniziativa, ci comunica il Presidente, sarà la vendita all’asta di tali opere che avverrà al fine di finanziare un progetto per donne vittime di abusi.
Dopo tanto ascendere, finalmente una discesa dolce verso il Giardino delle Vittorie per scoprire una nuova opera: Ashanti, una scultura in bronzo di Sergio Castellini.
Sfiniti ma soddisfatti ci rilassiamo lì dove ci aspetta una bella sorpresa di ospitalità: un ricco buffet innaffiato da ottimo vino.
Si parla, si commenta, si riprendono le forze facendo anche interessanti conoscenze in attesa di concludere una così intensa giornata all’Auditorium dove, sotto l’aereo biposto S.V.A. del volo su Vienna, ci riposiamo su comode poltrone in attesa dell’ultima parte della giornata, quella che si rivelerà la più “ostica” per noi che non siamo nati digitali.
Noi che mastichiamo poesia molto meglio che pixel (a malapena abbiamo capito di che si tratti) ci troviamo faccia a faccia con parole come “realtà aumentata e NFT”; allora ci impegniamo intellettualmente, ci sforziamo anche di seguire le pazienti, interessanti esposizioni degli specialisti, tra cui Federico d’Annunzio, pronipote del Vate.
Quello che abbiamo capito è che, tramite un’app potremo visitare con visione in 3D la Prioria e i giardini del Vittoriale e a questo proposto ci viene fatto un dono, una scatola con apposite lenti che ci permetterà, inserendo il nostro cellulare, di vedere questa “realtà”.
Promesso che ci applicheremo perché il premio sarà bellissimo.
Inoltre apprendiamo che la Cheli, carapace originale contenente scultura in bronzo del corpo della tartaruga di d’Annunzio, morta - secondo leggenda - per indigestione di tuberose, entrerà nel metaverso (questo ancora più difficile da comprendere) e otterrà il passaporto digitale…
A riportarci tutti improvvisamente un po’ più “a terra” l’annuncio dell’arrivo di Ardito, non in anticipo, in realtà in tempo perfetto e portato all’Auditorium, dove gli interventi si erano prolungati impedendoci di attenderlo al Canile per festeggiare il suo primo volo verso il Vittoriale.
Il bianco colombo Ardito, nato e cresciuto nelle colombaie del Vittoriale da padre Velivolo e madre Fusoliera, tre splendide, candide creature di piume e carne.
Magnificamente reali.
Stefania Minnucci
Gardone Riviera, 11 marzo 2023
Da quando
Da quando
ho deciso di non rispondere
mai più
a una tua lettera
nessun’altra lettera mai
ho più potuto
nemmeno aprirla
Lascio
che vengano
che mi cadano attorno
che giacciano laggiù ai miei piedi
capovolte e inevase
zitte
come me come ormai la mia
vita
Giorgio Bassani
ANGELO ZITO
E TORNA
IL MARE DI SICILIA
mito acque terre
Il nuovo anno ha portato, con un dono, il saluto di un amico.
Un intellettuale, un poeta, un uomo appassionato della bellezza e dell’arte che ha infuso in questa sua ultima opera reminiscenze di vita collegate a visioni mitologiche, a frequentazioni fantastiche nate lì dove la leggenda sembra incarnarsi, la fiaba farsi vita.
E dove queste creature favolose possono apparire, farsi tutt’uno con il paesaggio, se non in quella terra di Sicilia dall’autore tanto amata?
Nasce così questa narrazione poetica che è un viaggio nei luoghi della memoria impregnati della presenza amica e rivelatrice delle figure “eroiche”, divine o divinizzate, fuse e confuse nell'aura mitica del ricordo, che sono l’anima della Sicilia stessa, il senso della sua storia e la fascinazione per il poeta la cui visione dei luoghi non può prescindere dalla contemplazione delle forme prodigiose che ne sono l’essenza, il riflesso di bellezza, il nascosto richiamo di sirena.
Scrive Angelo Zito nella prefazione del libro:
“e torna il mare di Sicilia
richiamo di altre stagioni
in viaggio gli Dei
dall’Olimpo all’Alcantara
parlavano latino
affioranti radici di greco
poesia della memoria”
e poi:
“Se è vero che sono gli uomini a caratterizzare i luoghi, a dare loro riconoscibilità, a renderli affascinanti, è poi vero che sono i luoghi a restituire ricordi, affetti, nostalgie, a pretendere un costante richiamo, una sottile ragnatela che avvolge i nostri desideri.”
due poesie:
...E ME NE INNAMORAI
Sul costone che sorge
alto dal mare
Zeus si sdraia
sfinito dalle lotte coi giganti.
A oriente è Grecia
Spagna a ponente
Roma è di là da venire.
Rianimato torna all'Olimpo
e dove ha posato il piede
lì è Sicilia,
col tallone su Taormina
ha disegnato il teatro greco.
Renzino Barbera ne conosce le storie
e con voce calda incanta
i divi della celluloide.
Al Timeo Manela
ricci aveva 'i capiddi.
SU E GIU' PER LE SCALE
Raccolta attorno alle sue chiese
ai suoi terrazzi, ai suoi giardini
Ibla ti ruba l'anima,
il colore morbido delle case
ti invita a meditare sul tempo.
Rimango a conversare anche da solo
e parlarmi di come il silenzio
possa riempire i ricordi
di altre epoche
di balconi barocchi, di scale
e di gatti.
Di agavi e palme.
Seduto a un tavolino
in un cortile solitario
una granita di pistacchi
scioglie in bocca i sapori
di questa antica Ragusa.
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Teatro Donizetti di Bergamo
La bottega del caffé di Carlo Goldoni
Michele Placido
Giustamente è l’attore italiano più seguito ed amato, perché sa sempre dare al suo pubblico quello che il pubblico si aspetta da lui. E lui ricambia tale affetto e apprezzamento con altrettanta empatia, donandosi dal palcoscenico con grande generosità.
Abbiamo assistito a Bergamo, nella bella cornice del Teatro Donizetti, all’ultima replica de “La bottega del caffè” di Carlo Goldoni, nell’allestimento del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Goldenart Production e Fondazione Teatro della Toscana.
Sala gremitissima, non un posto disponibile, dopo una settimana di repliche che, pur coincidenti con il Festival di Sanremo che nel bene e nel male tende ad inchiodare nella poltrona casalinga le famiglie, non hanno assolutamente risentito di tale “avversario”; tant’è che tutte le serate hanno conosciuto la stessa grande partecipazione e affluenza con un tutto-esaurito.
La storia della commedia che ha come arco temporale una giornata e come ambientazione una piazzetta veneziana, con la sua bottega del caffè, una locanda, un negozio di barbiere, una bisca e la casa di una ballerina, vede svolgersi avvenimenti che coinvolgono più personaggi alle prese con problemi sentimentali ed economici.
La vicenda, peraltro ben conosciuta, ha due commentatori costanti che intervengono come artefici nel dipanarsi di tali avvenimenti su due fronti contrapposti: il “buon” Ridolfo, proprietario della caffetteria, che cerca di appianare i problemi e intervenire per cercare di risolverli positivamente e l’originale, maldicente, pettegolo don Marzio che con le sue esternazioni, un po’ ingenue, un po’ malevole, ma spesso molto prossime alla verità, anche se rivista e corretta dalla sua lente un po’ distorta, complica e ingarbuglia gli accadimenti e i rapporti tra gli altri personaggi.
Ma non tutto è sempre come appare e il tanto vituperato don Marzio, un po’ carnefice, molto vittima del proprio carattere, alza in realtà il velo su tante ipocrisie.
Un personaggio al quale Placido, a differenza dei suoi illustri predecessori (Salvo Randone e Tino Buazzelli), portando forse parte di se stesso, di una sua certa naturale vis comica e simpatia, ha donato umanità, colore e calore, giocando su una nota di malizia ingenua, non cattiva, propria forse all’età avanzata, di chi tanto ha visto e non ha più “peli sulla lingua”, distorce, probabilmente, ma è aderente alla verità.
Il pubblico ha apprezzato tanto tale interpretazione, gli applausi sono stati scroscianti e gli artisti richiamati più volte sul proscenio.
Placido ha ringraziato gli astanti e la città di Bergamo riconoscendole il meritato titolo di "Capitale della Cultura" e conquistando con la sua umanità una volta di più gli spettatori dei quali aveva già guadagnato il plauso attoriale.
Lo spettacolo continua la sua trionfale tournée.
Stefania Minnucci
Bergamo, 12 febbraio 2023
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Trilussa e Pascarella
La Roma segreta, quella che amiamo, quella nascosta ai più.
Quella che ci fa sopportare tutte le difficoltà, il degrado, le brutture dell’epoca.
Uno scrigno nello scrigno: le “Stanze segrete” di Palazzo Doria Pamphilj al Corso.
L’occasione ghiotta di una visita è offerta dallo spettacolo “Trilussa e Pascarella” con Edoardo Sala e, al pianoforte, il Maestro Federico De Antoni.
Per accedere al “Salotto” dell’appartamento, luogo deputato alla rappresentazione, è offerta al pubblico l’opportunità di un breve ma suggestivo percorso fonte di meraviglia.
L’apertura di una piccola porta ci immette nella prima stanza, il “Bagno di Diana”, una sala che incanta immediatamente con il suo splendore: intima, interamente affrescata in toni pastello e sapientemente illuminata, ci sorprende con la presenza dominante al centro del pavimento di una vasca-conchiglia in marmo bianco, gorgogliante di verdi acque trasparenti.
Tra commenti e gridolini di stupore e ammirazione per questo ninfeo dal sapore pompeiano che si fa fatica ad abbandonare, veniamo invitati a proseguire, scendendo i tre gradini di uno stretto passaggio che ci conduce nella “Stanza degli amorini”, nome derivato dall’affresco sulla volta, camera da letto padronale dal meraviglioso pavimento a intarsi in legno.
La terza stanza è quella dei bambini, dai delicati toni pastello, arredata con lettini singoli, una culla e un pianoforte, alle pareti quadri raffiguranti i piccoli di famiglia.
Da ultimo entriamo nel “Salotto”, luogo dello svolgimento dell’evento.
Prendiamo posto insieme a un folto pubblico che ha dovuto attendere la conclusione dello spettacolo precedente e usufruire di una seconda rappresentazione, resa necessaria dal numero di prenotazioni elevato rispetto alla capienza della sala.
Un uditorio non giovanissimo, certamente amante e competente in fatto di “romanità” ha seguito con grande interesse e partecipazione la performance poetica di Edoardo Sala che ha recitato testi scelti di Trilussa e “La scoperta dell’America” di Pascarella dando ottima prova di una lunga consuetudine con la poesia romanesca unita alla passione per tali autori.
A intervallare le sue applaudite interpretazioni, pezzi musicali eseguiti al pianoforte dal Maestro Federico De Antoni, anch’esse apprezzatissime.
Ancora tanti sentiti applausi al termine, estesi anche all’organizzatrice di tale evento Maestro Sara Ferrandino, direttrice artistica dell’Associazione Musicopaideia, associazione di cui De Antoni è direttore.
Questa serata ha svelato una delle piccole “chicche” nascoste, doni per chi sa cercare angoli di bellezza in mezzo al caos di saldi, paninerie e kitsch che brulica a pochi metri di distanza e che suo malgrado la città, con la sua secolare, sorniona tolleranza ha imparato a sopportare e perfino ignorare.
Stefania Minnucci
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Concerto di Gardone
Nella bella sala dell’Auditorium del Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera si è svolto il 5 gennaio un concerto interessante e composito, diretto dal Maestro Alfonso Di Rosa, con la sua giovane, valida e appassionata orchestra: Violino – Rebecca Bove, Viola - Giulia Bridelli, Violoncello – Gioele Pes, Contrabasso - Claudio Mazzeo, Flauto traverso - Martina Arampi, Clarinetto - Gaia Zecchini, Oboe - Carmine Martino, Tromba - Alfonso Pezzano.
Sono state eseguite musiche di Strauss, Šostakovič, Morricone e dello stesso Maestro Di Rosa.
Tra le altre, apprezzatissima l’esecuzione delle due composizioni per la prima e la settima delle “Elegie alla luna e Der Mond” di Annalisa Cima, musica del Maestro Di Rosa e lettura di Ida Ziliani.
A introdurre questi due interventi e regalare notazioni sulla vita e sulla poetica di Annalisa Cima ha preso la parola Tiziana Chiusa, vicepresidente della Fondazione Anna Elisa Cima Schlesinger, editrice nel novembre dello scorso anno di una raffinata plaquette contenente le sette elegie.
La dottoressa Chiusa ha inoltre reso note le finalità della Fondazione, nata per espressa volontà di Annalisa Cima, tese a promuovere la cultura attraverso molteplici interventi.
A seguire, un doveroso omaggio al “Vate", per l’ospitalità ricevuta presso la sua dimora, con l’esecuzione de “’A vucchella”, versi di Gabriele D’Annunzio su musica di Francesco Paolo Tosti. A interpretarla il soprano Emilija Minić, giovane artista nata in Montenegro.
Una ricca e variegata offerta di note che ha coinvolto il numeroso pubblico, fino al travolgente finale con la Marcia di Radetzky che ha offerto l’occasione, sempre attesa, di “collaborare” ed essere parte integrante dell’esecuzione, conclusa inevitabilmente con un fragoroso applauso.
Una serata bella e propiziatrice per il nuovo anno 2023.
Stefania Minnucci
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FORSE UN MATTINO
Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
(Ossi di seppia)
Ricordando Giorgio Bassani nella sua produzione poetica
Marg
Non saprei dire se di giorno o di notte se calpestando
io l'opposto marciapiede oppure se rapido
una volta di più passando
via con la macchina
ricordo però assai bene d'aver letto qualche mese
fa giusto al principio dell'inverno
scritto a caratteri maiuscoli e cubitali sopra un intonaco
dilavato di periferia con un pennello
intinto in una scura vernice color sangue rappreso
e facevano le lettere una specie d'arco in lieve un poco esitante
salita quasi ad esprimere
anch'esse nel loro incerto flettersi la tenerezza
commemorante d'ogni supremo addio
ciao dolcissima Marg proprio così
Ciao Dolcissima Marg e nient'altro
Dove sei Marg - non faccio da allora che chiedermi - dove vivi in quale
anonimo quartierino del Salario del Tiburtino o del Trionfale
dormi vegli parli mangi ridi sospiri gridi
piangi eccetera
trascini da una stanzuccia all'altra fino all'asfittico
balconcino la già molle
tua anca di imminente
Margherita
fai ondeggiare fra le magre scapole lunga
fino alla vita fino all'esile
giro dei blue jeans
la fulva enorme treccia
e dove mai sarà lui soprattutto - ignoto
completamente al comune lager metropolitano
e forse persino a te stessa
lui l'ugualmente dolcissimo tuo poeta?
Desiderio di cose leggere
Giuncheto lieve biondo
come un campo di spighe
presso il lago celeste
e le case di un’isola lontana
color di vela
pronte a salpare –
Desiderio di cose leggere
nel cuore che pesa
come pietra
dentro una barca –
Ma giungerà una sera
a queste rive
l’anima liberata:
senza piegare i giunchi
senza muovere l’acqua o l’aria
salperà – con le case
dell’isola lontana,
per un’alta scogliera
di stelle –
Antonia Pozzi
1° febbraio 1934
da Mia vita cara - Cento poesie d'amore e silenzio - a cura di Elisa Ruotolo, Interno Poesia Editore, Latiano 2019
Di questo parlar mio
Di questo parlar mio, che si frantuma,
so così poco come il terrazziere
sa della tazza ritrovata in cocci
entro il suo sterro: e qualche coccio ha un suo
quieto brillare, un poco spento
dalla terra, che ricorda altri giorni,
ed altre forme, anzi l’intera forma,
la genuina e perfetta,
sotto un sole che fu per un momento
al suo apogeo, e brillò sulle labbra
giovanili che bevvero, fresche
come prugne a settembre,
de’ suoi colori, alle soavi nebbie
che li velavano: labbra,
tazza e bevanda ancora vive in questi
pochi frammenti; e il resto è sogno.
Carlo Betocchi
da Diarietto invecchiando, Eurographica, 1982
Ottone Rosai: ritratto di Carlo Betocchi
Per i 90 anni di Franco Loi
Forsi û tremâ cume de giass fa i stèll
Forsi û tremâ cume de giass fa i stèll,
no per el frègg, no per la pagüra,
no del dulur, legriâss o la speransa,
ma de quel nient che passa per i ciel
e fiada sü la tèra che rengrassia…
Forsi l’è stâ cume che trèma el cör,
a tí, quan’ne la nott va via la lüna,
o vegn matina e par che ‘l ciar se mör
e l’è la vita che la returna vita…
Forsi l’è stâ cume se trèma insèm,
inscí, sensa savèl, cume Diu vör…
da "Lunn", Il Ponte, 1982
Forse ho tremato come di ghiaccio fanno le stelle,
no per il freddo, no per la paura,
no del dolore, del rallegrarsi o per la speranza,
ma di quel niente che passa per i cieli
e fiata sulla terra che ringrazia...
Forse è stato come trema il cuore,
a te, quando nella notte va via la luna,
o viene mattina e pare che il chiarore si muoia
ed è la vita che ritorna vita...
Forse è stato come si trema insieme,
così, senza saperlo, come Dio vuole...
La Lella
Ha all'incirca la mia età, è matta, è tozza, non distingue più in là del manicomio.
E con questo? forse che l'anima, la capacità di amare non è sempre stata la grande forza?...
Per dieci anni è l'unica donna che mi ha servito, che mi ha visto tutti i giorni, che non ha disprezzato che di continuo stessi davanti a un tavolino, che ha sopportato che dessi da mangiare, rubandolo al manicomio, a dei miei amici in quel momento poveri; unico essere umano col quale, in tantissimi giorni, ho scambiato una parola, mi ha sorriso, ha riso alle mie parole che avevano nelle spalle il ghigno della disperazione.
Dieci anni della vita più forte di un uomo, quando l'unica battaglia è creare e rimanere, li ho passati con la Lella; è lei che mi ha portato il caffè, mi ha portato il vino, la magra posta; era famosa con i miei amici, la Lella, la "senza interessi", una malata di mente che protegge un poeta.
Ho verso di lei tanta gratitudine, sia o non sia matta, ché l'anima è sempre di Dio, a chiunque appartenga. Anche in un manicomio scoppia la vita, nascono le vicende, e i sentimenti sono se mai più sinceri, non meno vivi.
Mario Tobino
19 dicembre 2019...23 anni senza
"Marcello Mastroianni", libro di Jean A. Gili
Può la “grandezza” essere discreta ?
Un pomeriggio dedicato a Marcello a 23 anni dalla sua scomparsa. Sembra impossibile che se ne sia andato da così tanto tempo, forse perché è sempre stato, e ancora è, presente nelle nostra storia personale grazie a quel magico gioco che è il cinema e all’illusione che lo schermo crea di donare sostanza, vita, verità e contemporaneità alle sue immagini, ai suoi personaggi e agli attori che li interpretano.
In tale occasione, preceduta dalla proiezione del film “Verso sera” della Archibugi, e seguita dall’ “Enrico IV” di Bellocchio, abbiamo assistito alla presentazione del libro di Jean Antoine Gili, storico e critico cinematografico, grande studioso del cinema italiano, libro edito dal Centro Sperimentale di Cinematografia e da Edizioni Sabinae, corredato da immagini bellissime provenienti dall’Archivio Fotografico della Cineteca Nazionale, un’edizione splendida per illustrazioni e testo, curatissima anche dal punto di vista grafico.
Con la moderazione di Giorgio Gosetti sono intervenuti ed hanno parlato del loro rapporto con Mastroianni, Felice Laudadio, Francesca Archibugi, Marco Bellocchio, Walter Veltroni e, a sorpresa, Liliana Cavani, delineando il ritratto di un uomo che rappresenta il cinema stesso, la sua grazia, l’incanto e la sorpresa. Un uomo amabile e amato, schivo, educato, sensibile e riservato, totalmente dedito al suo mestiere per il quale provava una gratitudine gioiosa e fanciullesca: “Il mestiere dell’attore è un mestiere da bugiardoni che permette di continuare a fare il bambinone per tutta la vita. Comunque io non avrei fatto nessun altro mestiere.”
Un amore ricambiato che gli ha permesso di interpretare i personaggi più disparati lavorando strenuamente, a dispetto della sua fama di indolente – più esibita che reale – per vivere una vita sognata, per immergersi nella magia di un mondo oltre lo specchio del reale da cui fuggire continuamente: un’Alice nel Paese delle Meraviglie.
E scorrendo le pagine scopriamo i molti aspetti della sua lunga carriera intrecciata strettamente alla vita, tra set e privato, con notazioni degli amici che lo ricordano con affetto e stima, senza dimenticare le sue grandi prove teatrali, ultima di tutte la memorabile “Le ultime lune” di Furio Bordon con la quale ha voluto dare l’addio al suo pubblico nel 1996.
Un libro così bello e interessante da esser stato divorato in una notte, e in questo mi sento di contraddire Gosetti che aveva asserito che un grande pregio del libro è anche il suo maggior difetto: il non essere un tascabile, bensì un libro di grandi dimensioni e peso.
Potete leggerlo, sì, anche a letto, ovviamente con il dovuto rispetto che si deve alle cose belle; sicuramente non c’è pericolo che vi cada di mano, tanto è l’interesse e l’attenzione che cattura.
Siete in tempo in questi giorni di acquisti spesso inutili o scontati per regalarlo e, perché no, regalarvelo.
Un dono che è un omaggio alla gentilezza.
E per rispondere alla domanda iniziale, la risposta è: sì, un ossimoro che trova in Mastroianni la sua sintesi, in questo uomo malinconico e lieve che, come scrive l’autore : “riusciva a interpretare qualsiasi ruolo perché non era un mostro sacro, un attore che metteva avanti la propria personalità a spese del personaggio. Paradosso dell’attore: si andava a vedere Mastroianni e si scopriva un essere che si infilava nei panni di tutti i suoi ruoli con una sorta di godimento.”
(stefania minnucci )
25 anni con/senza Gian Maria Volonté
Casa del Cinema, 9 dicembre. Prima giornata.
Sacco e Vanzetti
Essere risucchiati per quasi due ore da un tappeto volante di fotogrammi - macchina del tempo sulla potenza emotiva delle immagini - in una giovinezza appassionata e innocente. E riscoprirsi come allora. Potenza evocativa del cinema !
Non c’è più il luogo, non c’è più il tempo. Così, fuori dalla dimensione spaziale e temporale contingente, viviamo la stessa risonanza interna, la medesima empatia, l’emozione profonda che nel passato ha accompagnato la visione del film.
Ritorniamo gli stessi di allora, gli stessi spettatori indignati e commossi che, sulle note del tema musicale, accordano alla voce di Joan Baez il battito del loro cuore nel ritmo incalzante della sceneggiatura.
La storia degli anarchici italiani, interpretati magistralmente da Gian Maria Volonté e Riccardo Cucciolla, la dignità dimostrata, la violenza perpetrata nei loro confronti, orrenda devianza che il potere può acquistare per perseguire i propri scopi senza timore di soffocare brutalmente proteste e istanze di larghe masse popolari, fanno vibrare corde interne tra discordanti note di ammirazione e sdegno che si alternano e sovrappongono in questa che è una di quelle storie-emblema che non perdono la potenza eroica della loro narrazione.
Giuliano Montaldo, regista di questa opera pilastro di quel cinema civile in cui è stato maestro, presente in sala, ha raccontato la sofferta genesi del film, i retroscena, gli aneddoti del suo connubio umano ed artistico con Gian Maria Volonté ricordando l'attore nell’ambito di questa due giorni a lui dedicata, dal titolo “25 anni con/senza Gian Maria Volonté”.
Presenti, tra gli altri, Felice Laudadio, Giovanni Savastano, Fabio Ferzetti e Giovanna Gravina Volonté che, elegantemente defilata, ha lasciato tutto lo spazio ai convenuti e, soprattutto, alla figura del padre, indimenticabile attore che ha accompagnato gli anni della nostra giovinezza.
Sala che non è riuscita, purtroppo, a contenere tutto il pubblico accorso.
stefania minnucci
L’iniziativa è stata promossa dalla Scuola d’Arte Cinematografica “Gian Maria Volonté”, dal Centro Sperimentale di Cinematografia, da La Valigia dell’Attore, il festival dell’isola di La Maddalena intitolato alla memoria di Volonté e diretto dalla figlia Giovanna Gravina Volonté, dalla rassegna “Io Sto con Volonté” e dal gruppo “Memoria Volonté”, con il sostegno di Regione Lazio, Lazio Crea, Artisti 7607, Museo Nazionale del Cinema, Movietime, AAMOD, Casa del Cinema.
PIU' LIBRI PIU' LIBERI
PIU' LIBRI PIU' LIBERI
Nuvole che si specchiano nelle nuvole a ricordarci che le parole ci sollevano, la lettura ha il potere di farci volare, che ciò che è fuori di noi si specchia nel nostro interiore.
E non venite più a dire che gli italiani non leggono, che gli italiani non amano i libri! Forse le statistiche si basano sulla lettura dei quotidiani, e non troverei poi tanto disdicevole che i lettori non li comprino più, data la faziosità di gran parte della carta stampata.
File di ore per acquistare i biglietti, famiglie con bambini di tutte le età, passo a rilento tra gli stands, come nelle strade del centro in tempo di Natale. E una bella festa si consuma con file che si dipanano nei corridoi tra i molteplici allestimenti editoriali e all’ingresso delle varie sale nelle quali si svolgono incontri tanto numerosi ed interessanti da disorientare perfino nella scelta preferenziale.
Un’allegra, anche affaticata folla festante ed eccitata, un’offerta variegata e ricchissima, tanto opulenta da stordire, libri di “nicchia” e non, sirene che sussurrano al nostro orecchio le melodie nascoste sotto le copertine.
Data la nostra inclinazione prediletta inevitabile l'attrazione della luce poetica dello stand di Interno Poesia, casa editrice totalmente dedicata, fondata da Andrea Cati, ricca di numerose pubblicazioni nelle quali, racchiusi nel candore delle raffinate copertine, dall’interno di riquadri, ci salutano i poeti.
Particolare anche la proposta dell’ OFFICINA LIBRARIA con il sorprendente “MUSEO NAZIONALE”, curato da Monica D’Onofrio, stesura dal programma di Rai Radio3, con le sue “sale” tematiche; testo di notevole valenza, immagini curatissime, la cui genesi abbiamo potuto conoscere dall’incontro al Caffè Letterario.
E per chiudere in Bellezza, quella dei colori e dei disegni - più opportuno chiamarli dipinti - dei libri di Giancarlo Montelli per la Odradek Edizioni, libri magnifici, vere opere d’arte per grandi e piccini, capolavori che potrebbero accompagnare questi ultimi per tutta la vita nel loro percorso di scoperta.
Per queste feste, se proprio non possiamo fare a meno di fare regali, scegliamo bene, scegliamo conoscenza, scegliamo bellezza, scegliamo libri.
Non dubitate che noi l’abbiamo fatto.
sm
Alle 19 in punto, con precisione asburgica, si apre il sipario del Madách Színház sul primo quadro del “Fantasma dell’Opera”.
Teatro gremito, non una poltrona libera, la consueta, straordinaria presenza del pubblico ungherese educato da sempre a partecipare e a godere dell’attività culturale, la cui offerta a Budapest è notevole per quantità e qualità.
La storia la conosciamo, e comunque veniamo aiutati nella comprensione del canto e del recitato dalla traduzione in lingua inglese che scorre sul tabellone posto in alto sopra il palcoscenico, anche se spesso lo ignoriamo per non perdere di vista la godibilissima messa in scena ricca di costumi, colori, quadri, fondali, trovate sceniche e interpretative che, utilizzando l’ironia e la sorpresa, smorzano spesso la tragicità del tema concedendo al pubblico un sorriso, se non una risata liberatoria.
In quanto agli interpreti, compagnia molto rodata essendo la rappresentazione riproposta ciclicamente da anni, non possiamo che trovare parole di elogio per tutti indistintamente.
Un lavoro corale, un meccanismo senza sbavature, una piacevolissima serata d’immersione in una favola “nera” e insieme tenera, d’amore e di rifiuto, di solitudine e di speranza di riscatto, di sublimazione nell’arte, di effimera gioia e di disperazione.
Oltre due ore avvolti nella calda atmosfera del teatro.
Fuori, la magica Budapest pare voler avvolgerci anch’essa in un’atmosfera di mistero.
s.m.
Fresco di stampa il bel libro di Angelo Zito, dedicato all'amata città di Roma, nel suo dialetto
e del quale pubblichiamo una poesia
Er libbero arbitrio
Si t'arzi mezzo assonnato la matina
co' la chicchera de caffè callo ne la mano
t'avvicini a li vetri e guardi fora
pensi a quanto te pò capità ne la giornata
nun sai che appena sorti da la porta
er distino ha già guasi tutto scritto
...guasi tutto
e in quella fissura tra er guasi e er tutto
te devi dà da fà, c'è tanta robba.
Cammina omo cammina.
Le molte lingue della poesia
“…Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture…”
Se l’evento poetico “Le molte lingue della poesia”. Intendeva dimostrare che la poesia è musica, armonia che sussurra all’orecchio, ben oltre la lingua della quale si serve, oltre l’immediata comprensione, ecco, ha colpito certo nel segno.
Nello scenario suggestivo della Villa Romana di Desenzano del Garda, già a conclusione della prima serata di incontri con i poeti Josip Osti, Maram-Al-Masri e Sotirios Pastakas, questa sensazione ci accompagna e ci avvolge.
Ancor prima di cogliere il senso delle parole pronunciate, grazie alla traduzione delle stesse su uno schermo, siamo stati avvinti dalla sonorità armoniosa dei versi letti dagli autori che, in un volo poetico partito dalla Bosnia con il primo, attraversando la Siria della seconda, sono approdati alla Grecia di Sotirios Pastakas.
Il viaggio è stato ardito e morbido, vertiginoso, commovente, lieve, ha fatto risuonare corde pronte a vibrare sotto un tocco impercettibile e insieme potente donando una sensazione di dissolvimento e comunione con la natura e la storia nella quale eravamo immersi.
Sarà poi perché il greco è la lingua sicuramente presente nel nostro patrimonio genetico e letterario, sarà per la prorompente carica vitale e ironica di Pastakas, per la sua indiscutibile conoscenza delle infinite sfumature dell’animo umano, la serata si è conclusa con grandissima partecipazione e coinvolgimento.
Si prosegue oggi con il secondo ed ultimo incontro con i poeti: Giancarlo Cavallo, Juan Carlos Mestre e Barbara Korun.
sm
Anna Spissu
Orazio Costa Giovangigli
Un libro su Orazio Costa Giovangigli, un richiamo, una sirena, un invito atteso (e un ricordo dovuto) verso chi al teatro, agli attori e al pubblico ha donato una vita. Siamo accorsi a Milano al Chiostro Nina Vinchi in occasione della presentazione del libro di Laura Piazza che si è avvalsa dell'intervento di Luigi Allegri, docente di Storia del teatro e dello spettacolo all’Università di Parma, e Gianni Turchetta, docente di Letteratura italiana contemporanea all'Università degli Studi di Milano, per partecipare e rendere omaggio all'uomo che abbiamo conosciuto attraverso i suoi lavori e non solo, dato che tra noi possiamo annoverare un suo allievo dell'Accademia, nonché attore in numerose sue regie. Forse per questo siamo rimasti un po' delusi, non tanto dal libro - che siamo in attesa di leggere - quanto dalle reiterate speculazioni un po' farraginose sulla "mancata sistematizzazione" del suo metodo, considerazioni che non hanno restituito, a nostro avviso, la grandezza poetica e "rivoluzionaria", come solo la poesia sa essere, dell'uomo, del Maestro e del regista che ha segnato un'epoca del teatro italiano e "imprintato" generazioni di registi e attori.
s.m.
Milano, 29 maggio 2019
al PICCOLO TEATRO DI MILANO -TEATRO D'EUROPA
Laura Piazza, studiosa di discipline dello spettacolo e attrice, presenta il suo libro L’acrobata dello spirito. I Quaderni inediti di Orazio Costa edito da Titivillus. Intervengono Luigi Allegri, docente di Storia del teatro e dello spettacolo all’Università di Parma, e Gianni Turchetta, docente di Letteratura italiana contemporanea all'Università degli Studi di Milano. Modera Anna Piletti.
Laura Piazza, studiosa di discipline dello spettacolo, docente di Storia del teatro presso la Scuola per attori “Orazio Costa” della Fondazione Teatro Nazionale della Toscana e attrice, presenta il suo libro L’acrobata dello spirito. I Quaderni inediti di Orazio Costa edito da Titivillus.
Regista teatrale e direttore artistico, Orazio Costa è uno dei massimi esponenti della pedagogia teatrale europea del Novecento, «ideatore del principale metodo di formazione per l’attore elaborato in Italia, il metodo mimico, impartito a generazioni di allievi in più di cinquant’anni di attività. Insieme all’importante pratica registica, esso è il tassello di una più generale riforma della scena. Questo studio si concentra sui quaderni inediti di Orazio Costa, conservati nel suo archivio personale, cogliendo dalla voce del maestro gli approfondimenti di un pensiero intorno all’essere uomo che fa l’attore, protagonista della riappropriazione della dimensione rituale della scena, cui è riservato l’officio della parola, il verso dell’uomo. Ripercorrendo fedelmente l’itinerario intellettuale e spirituale tracciato dal regista nei suoi scritti personali, si offre per la prima volta una via d’accesso diretta al metodo per quanti vogliano accostarvisi. L’umanesimo integrale proposto da Costa, nel libero confluire di istanze registiche e pedagogiche, viene ricostruito e valorizzato come uno dei principali anelli di congiunzione della sperimentazione italiana all’avanguardia europea».
Alla presentazione intervengono Luigi Allegri, docente di Storia del teatro e dello spettacolo all’Università di Parma, e Gianni Turchetta, docente di Letteratura italiana contemporanea all'Università degli Studi di Milano. Modera Anna Piletti.
Il 23 maggio ANGELO ZITO presenta presso la Biblioteca Casanatense il suo libro di poesia
"CHICCHERE E CHIACCHIERE PE' LE STRADE DE ROMA"
LA CARRIOLA
di Luigi Pirandello
nella interpretazione di Enrico Papa
introduzione di Bruno Pischedda
In una Milano dal “cielo di Lombardia” bellissimo e, purtroppo, dal traffico congestionato ci ha accolto la sala auditorium dello Studio La Scala per un evento che, ideato per i collaboratori dello studio, è stato aperto a un pubblico più vasto e molto interessato. Incentrato sulla novella di Pirandello, ha visto l’intervento del professor Bruno Pischedda (docente di letteratura moderna presso l'Universita' degli studi di Milano) a precedere l’interpretazione di Enrico Papa.
Il professore ha introdotto l’argomento trattato con una relazione magistrale, inquadrandolo nell’epoca, nella tematica dell’autore e nella sua esperienza umana e artistica, citando a buon ragione anche il dadaismo quale contaminazione presente nel gesto liberatorio, grottesco ancor più che umoristico del protagonista, avvocato stimatissimo e osannato, soffocato nell’ingessatura del ruolo che deve interpretare per tutti “quelli che mi vogliono così e non altrimenti”.
L’interpretazione, a seguire, di Enrico Papa, calibratissima e al contempo molto sfaccettata, a rendere tutti i turbamenti, gli interrogativi, i sogni, i cedimenti, le rinunce e le ribellioni che convivono in una giostra di alterni sentimenti nell’animo del protagonista, ci ha coinvolti in un esame collettivo sulle nostre stesse“mancanze”, sull’aspirazione a quel qualcosa di impercettibile e sempre anelato, forse per la sua stessa assenza, che balena talvolta anche nella nostra mente in una percezione evanescente e distante.
E il gesto eclatante, segreto e inconfessabile di liberazione e vendetta del quale l’esimio “commendatore, professore, avvocato” ci rende partecipi assume nell’interpretazione di Enrico Papa la provocatorietà dissacratoria propria del dadaismo, in completa consonanza con l’analisi esposta precedentemente dal professor Pischedda. Quando il sentimento artistico percepisce con istinto la profondità del testo, oltre la razionalità !
Applausi caldissimi, pubblico entusiasta della rappresentazione di questa novella molto complessa, nella quale il pensiero di Pirandello è già tutto presente: la maschera, il ruolo, le convenzioni borghesi, la prigione della forma, la necessità della ribellione tramite un atto di follia liberatoria, in una interpretazione apprezzatissima e stupefacente. Ne abbiamo avuto conferma di tale soddisfatta partecipazione nel corso del buffet che ha permesso un interessante scambio tra i presenti molto coinvolti.
(s.m.) Milano 4 dicembre 2018
La carriola
"...una vita remota, che forse era stata sua, non sapeva come né quando; di cui gli alitava il ricordo indistinto non d’atti, non d’aspetti, ma quasi di desiderii prima svaniti che sorti; con una pena di non essere, angosciosa, vana e pur dura, quella stessa dei fiori, forse, che non han potuto sbocciare" ( da "LA CARRIOLA " )
“Ho bisogno della bellezza, così come amo ogni anelito dell’uomo per compararsi a essa. Rinuncerei a qualsiasi merito artistico pur di riuscire a fare della mia vita un’opera d’arte”. (Ermanno Olmi)
Zio Vanja
Che fare, bisogna vivere
Noi vivremo, zio Vanja. Vivremo una lunga, lunga sequela di giorni e di interminabili sere; affronteremo pazientemente
le prove che il destino ci manderà, adesso e in vecchiaia, senza conoscere riposo. E quando verrà la nostra ora,
moriremo rassegnati e là, nell'oltretomba, diremo che abbiamo sofferto, che abbiamo pianto, che abbiamo conosciuto
l'amarezza, e Dio avrà pietà di noi e tu ed io, zio, caro zio, vedremo una vita luminosa, meravigliosa, splendente; noi ci.
rallegreremo e, commossi, ci volteremo a guardare le sciagure di oggi, con un sorriso, e riposeremo. Io credo, zio, credo
ardentemente, appassionatamente..Riposeremo!
Riposeremo! Sentiremo gli angeli, vedremo il cielo cosparso di diamanti, vedremo tutto il male della terra, tutte le
nostre sofferenze annegare nella misericordia che colmerà di sé il mondo, e la nostra vita diverrà quieta, tenera, dolce,
come una carezza. Io credo, credo..Povero, povero zio Vanja, tu piangi...Non hai conosciuto gioia nella tua vita, ma aspetta, zio Vanja, aspetta... Riposeremo...Riposeremo! ( da ZIO VANJA)