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S’io sapessi cantare
come il sole di giugno nel ventre della spiga,
l’obliquo invincibile sole;
s’io sapessi gridare
gridare gridare gridare come il mare
quando s’impenna nel ludibrio d’aquilone;
s’io sapessi, s’io potessi
usurpare il linguaggio della pioggia
che insegna all’erba crudeli dolcezze…
oh allora ogni mattino,
e non con questa roca voce d’uomo,
vorrei dirti che t’amo
e sui muri del mio cieco cammino
scrivere la letizia del tuo nome,
le tre sillabe sante e misteriose,
il mio sigillo di nuova speranza,
il mio pane, il mio vino,
il mio viatico buono.

 

 

da “L’amaro miele”, Einaudi, Torino, 1989

Queste parole di un uomo dal cuore debole,
sorta di macchine o giochi per soffrire di meno,
ad altri uomini dal cuore debole:
coscritti balbuzienti, spretati dagli occhi miopi,
guitti fischiati, collegiali alla gogna,
re in esilio invecchiati a un tavolo di caffè,
che un giorno finalmente un sicario pietoso
aiuta dietro un muro, con un coltello…
Queste parole di un moribondo di provincia
a chiunque abbia scelto di somigliargli,
col viso contro i vetri, fisso a guardare nell’orto
un albero di ciliegio teatralmente morire…
Queste parole scritte senza crederci,
e tuttavia piangendo,
a un me stesso bambino che uccisi o che s’uccise,
ma che talora, una due volte l’anno,
non so come fiocamente rinasce
e torna a recitarsele da solo…
Per poco ancora, per qualche giorno ancora:
finché giunga l’inverno nel suo mantello d’ussar
e il fuoco le consumi e le consegni alla notte.

 

da “L’amaro miele”, Einaudi, Torino, 1982

Paese

 

Nel guscio dei tuoi occhi

sverna una stella dura, una gemma eterna.

Ma la tua voce è un mare che si calma

a una foce di antiche conchiglie,

dove s’infiorano mani e la palma

nel cielo si meraviglia.

Sei anche un’erba, un’arancia, una nuvola…

T’amo come un paese.

 

da “L’amaro miele”, Einaudi, Torino, 1989

Preghiera di mezzogiorno

 

Almeno mi scoppi di grida

la mente nei corridoi

di questa casa da suicida,

piena di corde e di rasoi.

Ma è sempre un altro, è sempre un altro

che si lamenta in vece mia,

e l’angoscia si fa più scaltra,

più volontaria la pazzia.

Datemi un male senza libri,

datemi un pianto senza specchi,

una croce che sopra mi vibri,

fatta solo di vento e di stecchi.

 

da “L’amaro miele”, Einaudi, Torino, 1989

Esercizio con sentimento

 

Per l’alto cielo odoroso d’arance

e di camicie nude al davanzale,

come caro lo scroscio che m’assale

di sole tardo la povera guancia.

Oh riaprirsi all’affettuosa lancia,

tornare uccello di giovini ali…

vita, puoi dunque ancora non fa male,

se mi dài questa incredibile mancia.

Ma tu, cuore, detrito di tempeste

inaccadute, che pensi, che dici,

nel girotondo d’arancia celeste?

Sapessi riparlarne con gli amici,

ritrovare una sera le tue feste,

ingenui moti, vanità felici.

 

da “L’amaro miele”, Einaudi, Torino, 1989

Versi scritti sul muro

 

Più lontano mi sei, più Ti risento

farmiti dentro il cuore

sangue, grido, tumore,

e crescermi sul petto.

Più sei lontano e più Ti sento addosso,

fra l’abito e la carne,

contrabbando cattivo,

volpe rubata che mi mangia il petto.

 

da “L’amaro miele”, Einaudi, Torino, 1989 

 

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