Per questi luoghi cui appartengo
in modo irrevocabile, mi muovo
e mi ritrovo nell’irrilevanza delle cose
che stanno, cariche d’abitudine
e di una mancanza che ingombra
e se non fosse questo piccolo dolore,
questo spillo sapiente
che mi appunta per un osso alla vita
direi che sono un post– it note
di incombenze evase
lasciato sul frigo da una distrazione.
(È quasi utopia nella memoria
il tuo volto così puro, inconciliabile
con la prosa delle umane occupazioni).
Così – come accade talvolta
nel più disarmante dei sogni –
vivo i fatti dal di fuori
quale immagine muta di specchio.
Vivo dell’esigua rendita di un bene
nel quale mi convenne credere
e dei tanti miserere preventivi
che recitò mia nonna in lascito
alla sua smarrita discendenza.
C’è un falco lassù dove non vado.
L’ombra del volo che seguo
misura la lentezza del mio passo
e m’interroga su chi
o cosa io fossi prima di me.
Se queste scapole siano traccia
di abortita gemmazione d’ali
o di una involuzione inesorabile
sotto il peso crescente del pensiero.
Castigo o premio o solamente caso
che sia toccato a me di non volare
e a lui la sua sublime indifferenza
a questa pena.
Gli amanti
Sanno di loro gli ormeggi oscillanti sul fiume,
Se mi ostino nel farmi parola
è per la polvere che cade sul tappeto
quando il pendolo non guarda.
Sedimento per grazia d’inerzia
con le spore quiescenti dei muschi
per chi arriva dai margini del segno.
Corrispondenze
E' un anno di parole che non scrivo
L’attesa espande il tempo
perciò aspetto la morte.
Per avere più tempo.
Te non aspetto
così verrai improvviso.
Rovescio d’ atmosfere.
Futuro semplice
Mi domandi se domani ci sarò
Certo – rispondo – dove vuoi che vada?
Dovrei imparare a dirti addio
tutte le volte.