PIRANDELLO
PIRANDELLO CHI (un omaggio a Memé Perlini)
Rigore, il termine che definisce lo spettacolo.
La parola è protagonista assoluta, restituita con tutte le sfumature e le connotazioni in cui Pirandello è maestro.
La regia puntuale e asciutta del giovane, talentuoso regista e scenografo ungherese Barna Szuda ci proietta in un mondo senza tempo, in un’atmosfera rarefatta, sospesa e grave contemporaneamente.
L’umorismo pirandelliano viene espresso in tutta la sua potenza tragica nel racconto che apre lo spettacolo, “La carriola”, interpretato con maestria da Enrico Papa calato nelle vesti – strette – dell’avvocato di successo che in seguito ad una improvvisa “illuminazione” prende coscienza della dicotomia tra le proprie aspirazioni e la vita reale dalla quale si sente soffocato e schiacciato. E’ così che con un atto di fuga in un comportamento assolutamente incompatibile con il suo ruolo rigidamente codificato nella vita sociale riesce “per un attimo solo” ad avere tregua dall’angoscia metafisica dell’esistere, a liberarsi “per un momento solo” dalla “forma morta” in cui si sente prigioniero.
La tematica fondante e ricorrente dell’autore viene espressa compiutamente attraverso l’aderenza della recitazione all’impianto drammaturgico e rappresentata visivamente con la bella installazione scenografica nella quale vengono proiettate figure umane assimilate a burattini, mosse da fili che ne determinano l’azione.
A seguire, la lettura da parte di Sebastiano Busiri Vici della novella “Il treno ha fischiato” ripropone il tema dell’ “illuminazione” che avviene nel protagonista attraverso il varco improvviso prodotto da un fischio avvertito in lontananza, trainante verso una riconquistata se pur effimera libertà.
Quindi, a chiudere, il classico “L’uomo dal fiore in bocca”. La scelta registica dell’ignorarsi visivamente dei due personaggi è particolarmente efficace in quanto maggiore è la tensione che si crea tra i due e viene avvertita in platea sull’onda delle parole: a partire dalla leggera noncuranza e distanza iniziale con cui i due uomini si relazionano si infittisce sempre più la ragnatela, sapientemente costruita e resa dall’interpretazione, con la quale l’uomo “dal fiore in bocca” avviluppa il renitente avventore coinvolto suo malgrado a testimone partecipe del dramma di una vita che volge a un epilogo consapevole.
L’interpretazione sorprendente per “verità” di Enrico Papa nel ruolo del protagonista è anche qui rigorosa ed efficace, aderente alla parola, avara di gesti, concentrata sull’intensità dei concetti espressi; al suo fianco l’avventore di Busiri Vici esprime mimicamente il progressivo coinvolgimento dell’ “uomo pacifico”, risucchiato in una storia non sua.
Suggestiva la scenografia, evocative le musiche di Eleni Karaindrou. Del regista si è già scritto all’inizio e si ribadisce l’apprezzamento per la pulizia dello spettacolo nel quale la parola è tutto.
Pubblico attento e partecipe che tributa applausi ripetuti e meritati.
Un bel pomeriggio trascorso al Teatro Le Sedie, piccolo scrigno caldo ed accogliente.
Caterina Bonadio ( Il Giornale dello spettacolo )
Pirandello e il tormento del vivere
Un uomo che fugge da se stesso, un’occasione per raccontarsi, incubi che si materializzano. Questi i cardini della rappresentazione alla quale abbiamo assistito al teatro “Le Sedie” di Roma, una versione de “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello con la regia e nell’interpretazione di Enrico Papa.
Nel nero teatrino, rischiarato da due fasci di luce, si assiste a una confessione, uno svelamento di sé che l’uomo , dalla sua seggiola sul palco, rivolge a noi pubblico, tutti avventori della vita, inconsapevoli e distratti in un mondo di apparenze mentre nell’altro fascio di luce, più vivido, in platea, una donna, inanellando con imperturbabile costanza le maglie di una sciarpa rosso sangue, porge con malcelata noia le battute dell’avventore a condiscendere alle reiterate domande dell’uomo. Un allestimento nuovo e sorprendente che coinvolge e affascina per la profonda semplicità di una grande interpretazione che restituisce la Verità dell’Uomo e il suo tormento. A seguire una bella, varia scelta di poesie di Pirandello, aspetto letterario meno conosciuto dell’autore, recitate da Enrico Papa e Maria Teresa Toffano, a renderci ancora partecipi delle tematiche già presenti nel testo precedentemente rappresentato.
Applausi calorosi e meritati per gli interpreti.
Carla dall’Ongaro ( Corriere-Web Roma 18 Dicembre 2016)
PASOLINI
pasolini's : La gioia e la solitudine di un ragazzo di periferia
Dallo scorso 27 ottobre fino a domenica 1 novembre, il Teatro Le Sedie ospita Pasolini’s, una serie di spettacoli-tributo per ricordare Pier Paolo Pasolini al quarantennale della sua scomparsa. Questa rassegna culturale dedicata allo scrittore e regista bolognese è stata ideata e organizzata dal vulcanico Enrico Papa che di volta in volta si circonderà di ospiti esclusivi che possano contribuire a far conoscere al pubblico un Pasolini privo di sovrastrutture e lontano da falsi miti, strumentalizzati da diverse ideologie.
Nella prima serata dedicata a questo straordinario artista, il cielo di Roma in vico del Labaro era coperto e rigonfio di nuvole. Nel vicolo, tra anonimi palazzi, un autunnale silenzio. Dentro, una musica irresistibile conteneva la voce altrettanto irresistibile dell’attore Enrico Papa, già impegnato delle prove pre-spettacolo.
Il Teatro Le sedie – chi c’è stato può capirlo- è un teatro speciale. Perchè ha poco del teatro così come lo immaginiamo e perchè del teatro ha tutto quello che serve davvero.
Poche sedie, tutte diverse, raccontano storie fugaci di spettatori- attori che non siedono passivamente dinanzi a uno spettacolo, ma lo divorano quasi fisicamente, invadendo il palcoscenico così angusto eppure così immensamente largo di immaginazione.
E quando aspettiamo, sfacciatamente puntuali, che lo spettacolo abbia inizio, ci chiediamo timidamente se forse non sia già cominciato. Perchè Enrico Papa quando non recita fa ugualmente spettacolo e avvolge i presenti in un privilegio di aneddoti, esortazioni, ricordi. Alle 21 e 10 circa, tre musicisti Giovanni Bocci (voce, tromba), Luca Menicucci (chitarra) e Violetta Sala (flauto), ovvero Le Nuvole Barocche danno ufficialmente inizio allo spettacolo e al suono della loro ultima nota della performanceiniziale, Enrico Papa racconta la bufera di sentimenti ed emozioni che lo hanno portato all’ideazione di Pasolini’s, per poi presentare uno degli ospiti d’onore della serata: Italo Moscati. Questo regista, scrittore e sceneggiatore di Pasolini ha scritto ben tre libri, di cui l’ultimo edito proprio quest’anno ” Pier Paolo Pasolini. vivere e sopravvivere” (LindauEditore, 2015).
Italo Moscati parla e incanta, con le sue storie di un Pasolini semplice, innamorato, solo, grato e popolare: nessuna suggestione da thriller, nessun mito funebre per descrivere un giovane che prima della morte conobbe anzitutto la gioia. Quello di cui parla Moscati al Teatro e nel suo libro nasce da una sua ricerca dei giorni migliori dello scrittore bolognese: “quelli del primo cinema, degli interventi, delle amicizie, dei viaggi” , ma anche dei giorni di solitudine ed isolamento dai quali Pier Paolo tentava di uscire.
Al contributo critico- letterario di Italo Moscati segue la mise en scène di Papa: un pianoforte come base di appoggio dei suoi fogli poetici, una tela raffigurante Pasolini che sovrasta i tasti bianchi e neri, una luce calda e bassa e poi la sua voce (dalla velocità dei battiti del cuore) che legge alcuni dei componimenti poetici più vibranti dello scrittore, come Padre nostro e Marilyn.
I presenti ascoltano, la musica del trio separa versi da applausi. Enrico Papa non diventa Pasolini, lo attraversa: la madre dello scrittore diventa quella di tutti, il suo Ninetto diventa l’amore disperato e totalizzante che almeno una volta nella nostra vita abbiamo incontrato. Poi, sulle note di Amado mio, quell’incontro di anime si scioglie in un congedo caloroso. Sembra che tutti si siano già conosciuti altrove. Tra quei palloncini e quei festoni di un capodanno popolare un po’ kitch con cui è allestita la sala (capodanni tanto cari a Pasolini) sembra che ognuno di noi abbia visto sorridere quel ragazzo di provincia, con i suoi larghi pantaloni grigi e con i suoi piccoli occhi scuri.
Tra gli ospiti dei prossimi appuntamenti di Pasolini’s : il fonico Luciano Muratori, storico collaboratore di Pasolini, Gino Scarano, Silvio Parrello (“Er Pecetto” de “Ragazzi di Vita“) e Ugo Gregoretti, regista ed intellettuale, amico e collega stretto di Pasolini. (Annalisa Parente)
PASOLINI'S...“ I RESTI DELLA FESTA”
Nero integrale il delizioso teatrino Le Sedie. A contrastare il buio monocromatico palloncini sgonfi e stelle filanti sfatte, festoni multicolori al soffitto e bagliori da sfere cangianti. In una periferia qualsiasi di un qualsiasi paese un’orchestrina sul palco echeggia malinconica il morire di una festa che non vuole spegnersi (come fa una vita che si trascina languendo). Solitaria, addossata alla parete, scarsamente illuminata, una figura emerge a tratti con pudore. Un’anima esclusa dalla “festa”, dalla forzosa ricerca di oblio e distrazione, si affaccia in una confessione ininterrotta, tra dolore ed entusiasmi, dolcezze e disperazione in un’atmosfera magica creata dall’intreccio tra parola e musica. E una sensazione di vertigine di compassione – nel senso etimologico del termine – si dilata accomunando il pubblico mentre accoglie un invito, quello di affacciarci sull’abisso di un’intimita’ che si spalanca indifesa e fraterna. Intonazioni pascoliane riecheggiano mescolandosi ad una eco leopardiana in questo Pasolini lirico, inconsueto, tenero e crudele. Si svela cosi’ davanti a noi un’operazione raffinata nella sua estrema semplicita’, nella scenografia scarna e nella voluta emarginazione del protagonista che lascia tutto lo spazio del palco ai musicisti. Grande, intensa interpretazione di Enrico Papa, ideatore dello spettacolo, che ci regala uno sguardo diverso sul poeta e conquista una platea alla quale vengono concessi molteplici bis. Applausi ripetuti e a scena aperta all’attore e al complesso Le Nuvole Barocche (Giovanni Bocci voce-tromba, Luca Menicucci – chitarra, Violetta Sala – flauto).
Carla dall'Ongaro
Roma,1 Novembre 2015
MONTALE
CORRIERE WEB.IT
Enrico Papa con il Centro italiano di poesia alla "Settimana Montaliana"
Enrico Papa con la sua luce, invoca e si ferma su immagini rubate alla realtà, immagini che di essa vogliono squarciarsi e "Non recidere forbice quel volto", inizia in un "freddo" che diventa calore vivo e sensazionale di poesia montaliana. La stessa luce che brilla negli occhi dell'attore Papa e in quelli di Papa uomo, perché forse in qualche attimo l'uno ha capito l'altro, e insieme hanno cercato il tempo e l' immenso nella poesia di Montale, eternizzando la poesia di speranza. Papa ferma il tempo di Montale, lo dilata e lo scandisce in una vita ancora pulsante, ancora viva, quella di Montale appunto.
Ascoltando Papa, si va come in crisi, si ascolta quasi la voce di Montale, la si assapora e la si condivide attraverso la bellezza della poesia.
Forse non esisterà un'altra interpretazione così profonda, così viva, così da portarci direttamente nella testa e nelle mani di Montale. Nella dimensione di Montale. Papa riesce a portarci in quella dimensione amata, anelata e angosciata da Montale, quella che sta lì, dietro l'angolo, dietro la realtà.
Quello che è certo è che entrambi, Papa e Montale ci consegnano alla vera realtà di ogni uomo che "sente", ovvero quella poetica.
Congedandosi Papa si stringe forte al maestro e ancora ci lascia la sua speranza, come un "girasole impazzito di luce".
Miriam de Vita (Corriere Web.it)
La settimana montaliana dà il via alla stagione del Teatro Le Sedie Ottimo l'inizio, nonostante la pioggia e lo sciopero dei mezzi in città, per il primo di questi cinque appuntamenti. Un delicato omaggio al premio Nobel per la letteratura nel 1975, presentato da Italo Moscati che ha ricostruito il contesto storico in cui agiva il poeta, presentando Così amavano, così ameremo, un libro dedicato a Marica Callas. Moscati continuerà nei giorni successivi le presentazioni di Sergio Leone - Quando il cinema era grande e (Fellini & Fellini), rispettivamente nei giorni di sabato 4 e domenica 5 ottobre. A chiudere la serata è stato lo spettacolo Io e Montale Oltre la Parola portato in scena da Enrico Papa. Una frase, un pensiero di Montale riportato su un cartello: “la mia poesia non è un messaggio, è un invito alla speranza” è il primo elemento che balza allo sguardo dello spettatore. Poi la sala si riempie di versi, meravigliosamente interpretati dall'artista bresciano. Delle dolci note musicali fanno da sottofondo ai versi scelti da Papa per ricordare Montale. La poesia aleggia al Teatro Le Sedie e il pubblico fa fatica a lasciare la sala dopo un lungo applauso all'artista. Il primo giorno dedicato ad Eugenio Montale ci ha lasciato soddisfatti e altrettanto riuscite saranno le prossime serate: la casa editrice Ensemble presenterà invece nei giorni di giovedì e venerdì quattro poeti contemporanei (Michele Papa, Giorgio Laurenti, Alessandra Mattei, Andrea Viviani) che leggeranno le loro ultime opere, segnando il passaggio dalla poesia novecentesca di Montale a quella del nuovo millennio. |
L.M. ( Momento sera) |
03-10-2014 |
La settimana montaliana: La poesia è al centro
Interazioni, discussioni, racconti e declamazioni poetiche da parte di emergenti, attori e professori messi a confronto sull’opera montaliana e non solo...
Interazioni, discussioni, racconti e declama- zioni poetiche da parte di emergenti, attori e professori messi a confronto sull’opera montaliana e non solo. Il Teatro le Sedie di Roma (Labaro) dal 1° al 5 ottobre ha offerto al suo pubblico uno spunto interessante verso la poesia, La settimana montaliana, studiata per dare un’idea di percorso che ha indotto a riflettere e a dedicarsi un po’ a quel tempo perduto e lontano. Peccato non aver potuto assistere tutti i giorni a questa iniziativa, difatti, un pomeriggio della scorsa settimana, il 3 ottobre, mi sono incamminata verso la periferia Sud della Capitale per immergermi nei versi e nell’arte del poeta in questione. Eugenio Montale, poeta, giornalista e scrittore genovese, fu Premio Nobel nel 1975. Autodidatta, si forma attraverso la letteratura di Dante, Petrarca, Boccaccio e D'Annunzio e le ripetizioni di filosofia da parte della sorella maggiore. Già dal 1919 scrive e si dedica alla scrittura che vedrà pubblicate poche raccolte poetiche. Ossi di Seppia e Le Occasioni le più conosciute. Il messaggio poetico di Montale è di sciuro fonte di indagine sulla condizione esistenziale dell’uomo moderno, sempre alla ricerca di risposte che non potranno mai essere colmate. Accade un giorno che, attraverso incontri casuali, due persone del quieto nord nei pressi del Garda, il professore di filosofia Pietro Savoldi e l’attore Enrico Papa, entrano in relazione tra loro. Conferenza pomeridiana e poeti emegenti La lettura piacevole riguardo il pensiero del Prof. Savoldi circa L’onesto agnosticismo di Montale è durata circa mezzora. Accompagnata da Giuliano Esperati, attore, che si è prestato dando lustro ai versi della poesia analizzata, Non chiederci la parola. Dalla dissertazione trapela un’oculata osservazione sulla società. L’uomo smarrito e disorientato del suo tempo sembra essere l’ottica moderna, alla ricerca di speranza e salvezza. Questo momento ha anticipato la presentazione di due poeti emergenti, Andrea Viviani e Alessandra Mattei. Le loro poesie, l’oggi. I volumi sono editi dalla Casa Editrice Ensemble, Alessandra Mattei ha letto due poesie di Eugenio Montale che in un certo qual modo l’ha influenzata e di certo formata a livello umano. Nuove stanze e La casa dei doganieri, tratte dalla raccolta Le occasioni. Mentre invece Andrea Viviani si presenta con vivacità. Versi sentiti, immaginifici e fatti di associazioni e suoni, convinto che, vivendo la poesia come gioco, ciò che si sente vada scagliato lontano. Si basa tutto sulla scrittura, sentimento che oggi giorno dovrebbe riprendere vita, contestualizzando il momento che si vive, indirizzando l’emozione in elegia per scrivere verso. Sperimenta il linguaggio e la parola, da linguista quale è. Una discussione vigorosa e interessante in cui sono emerse visioni della realtà fatta di pigrizia e di consumo culturale, fatto di social network e cellulari, dove gli stimoli sono l’antitesi di una ricercatezza personale e costruttiva. Lo spettacolo, Io e Montale – Oltre la parola Scorrono versi nell’aria che portano gli astanti alla rappresentazione nella quale Enrico Papa si trasforma in Montale. Si inizia. Un cappello, una valigetta, una torcia che illumina. Molte le poesie scelte. Musica, parole e poesie dalle quali emerge una religiosità nascosta del poeta scelto. La torcia illumina i quadri di Montale pittore. Egli riteneva che la parola è colore con molte possibilità policrome, gradazioni di sfumature e musicali, e di seguito la scelta artistica, quasi imposta, di dipingere con materiali non tradizionali. Con caffè, cappuccino, l’erba del prato per ricavarne il verde, vino bianco e rosso, rossetto, dentifricio e pastelli, sperimentava per seguire il suo sentire, paesaggi dell’anima, riferendosi a Morandi e De Pisis. Si entra in ascolto. Fuori dal rumore che attanaglia, l’occasione è quella di godere della bellezza della poesia e di ciò che essa trasmette. Enrico Papa è itinerante nello spazio scenico, all’interno del quale si potrebbe, benissimo, assistere a occhi chiusi per ascoltare uno studio attento sul poeta genovese. L’attore racconta un incontro. Mentre si trovava a Budapest, nei sotterranei della metropolitana Cristos attira la sua attenzione. Un musico di strumento a fiato, una tromba, il quale ha suonato nell’orchesta di Goran Bregovic. A seguito del suicidio della ragazza egli non ha saputo reagire alla vita, per poi viverla ai margini. Fece una registrazione della sua musica e la donò a Enrico Papa. Sono l’occasione e la musica, così, si accordano in un momento sublime. Viscerale e sentito tocca corde emozionali che, a tempo di musica, assaporano la sincronia tra recitazione e suono, fino all’ultima nota. In conclusione Shakespeare. Da La Tempesta un pensiero di Prospero, ...siamo della stessa materia di cui sono fatti i sogni. All’interno del Teatro ci si dimentica del presente che ci appartiene e si dovrebbe vivere e accogliere con più serenità e energia. Si chiudono le porte portandosi a casa stimoli che inducono alla scrittura irrefrenabile. Essa non può ne morire ne sopperire. Non si possono incatenare parole e poesia, tramiti per cogliere un vero senso del respiro e di libertà, essendo espressione di se stessi in ogni forma d’arte, semplice e essenziale. |
Annalisa Civitelli (Messaggero) |
10-10-2014 |
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"io e Montale... oltre la parola" alla pieve di Sant'Emiliano
SULLE ORME DI MONTALE, DAVANTI ALLO SPETTACOLO DEL GARDA di ITALO MOSCATI
Una volta si leggeva: nella ridente località affacciata sul Lago di Garda, un lago grande come un mare...Adesso, io scrivo che a Padenghe, presso una vecchia chiesa sulla collina, con il mare Garda a portata di occhi ho vissuto, abbiamo vissuto ore importanti: quelle che riserva la poesia quando arriva forte per merito delle storie pescate fra lontano passato, passato prossimo e presente; e quando si condividono immagini e parole con una platea di persone attente che non conosci. Qualche giorno prima lì avevano reso omaggio a Montale, poeta, Nobel. Una situazione come dire imbarazzante per me. Stavo in apprensione davanti a queste persone, nella sala del Centro di poesia Sant’Emiliano; cercavo quel che volevo, dovevo, dire davanti a quei volti attenti, per presentare il mio libro “Così amavano, così ameremo?” e il film “Non solo voce: Maria Callas”. Oplà. Tutto mi è venuto facile. Mi hanno convinto, aiutato, ispirato. Intensità. Passione per la passioni. C’è stata una coda di festa alla festa. Abbiamo festeggiato la storia fatta di tante storie, il luogo, la serata che si attardava sul lago e non voleva cedere alla notte. E’ stato bello,anzi bellissimo. Lo si deve a Enrico Papa e alla moglie Stefania. Ho afferrato il pulviscolo di particelle di felicità e le ho mescolate al lungo tramonto. Adesso che mi sono svegliato, le particelle si illuminano ancora del sole della sera e del sole che è tornato dopo tanta pioggia. Grazie.