Per gli scavi di Troia

 

Questo rimane dell’antica Troia:
il verso del poeta, che solleva il dolore degli uomini sull’onda
del tempo perché nulla
venga dimenticato, perché a tutti
risponda quell’eterno
mistero che ci chiude prigionieri
nella storia del mondo. Ma sul colle
tormentato, trafitto
dalle rovine resta solo il vento.

 

Mediterranee
EDES, Sassari 2003
La biblioteca di Babele 

 

 

Elegia romana 

 

Ora davanti a me, tutto m’assedia,
tutto mi parla, con parole antiche
e nuove: eppure tutto già riposa
in pace, tutto tace nel fluire
lento del fiume sacro, dove scende
verso il mare quest’attimo fuggente.
Tutto si perde, tutto è già passato
di me, di noi, dei vivi, dei defunti,
tutto effimero e fragile relitto
di passioni sofferte e di miserie
dimenticate, come le infinite
foglie morte dei platani cadute
al vento dell’autunno sulle rive
spoglie del Lungotevere: leggero
fruscio di passi, appena, e infine polvere.
Eppure ogni relitto, nel mio cuore,
si fa reliquia: tutto qui mi narra
della pena dell’uomo che ricerca
il dominio di sé, l’alto segreto
del suo destino, fisso come scoglio
immoto fra le schiume della storia.

 

 

Mediterranee
EDES, Sassari 2003
La biblioteca di Babele 

 

Prima lettera
 
Se t’avessi davvero cosa viva
nella mia vita, se davvero un giorno
io conoscessi come mi respiri
accanto, come dici questo nome
mio di sillabe vane se non l’odo
da te, se tu vicina disciogliessi
in un tuo riso questa mia paura
di te lontana, amore che mi ignori,
oh mai vera saresti come vera
ancora sei finché t’ignoro, intatta
forma del desiderio mio, perduta
se ti riveli, libera nel sogno,
bella in un puro limbo di memoria.
E mi sei cara come già m’avessi
amato, altrove, in altro tempo, ed eri
davvero cosa viva
nella mia vita, e mi ritorni accanto
se ti richiamo, e mi ridici ancora
quelle parole che dicesti mai.
 
da “Salmo notturno”
Laterza Editore, 1983
 
 
 
 
Seconda lettera
 
Amo quello di te che mi ferisce.
Amo di te tua fiera dolcezza
che m’insegue e respinge; e la tua voce
indocile nel lampo delle chiome
d’esiliata valchiria; e il tuo silenzio.
 
da “Salmo notturno”
Laterza Editore, 1983
Terza lettera
 
E anche quello che mi dicevi
s’è perduto, ragazza, se n’è andato
in questa sera d’estate
gonfia di suoni e di risa e di morbido mare.
In questa danza di luci
fosti solo una chioma
ondosa e un paio d’occhi
neri, schegge di scoglio.
Ora lieve la folla mi conduce,
ora si fa remota
la pena che t’offrivo
ogni giorno. Ora voglio
che mi prenda per mano
una sera d’estate e un giro caldo
di musica m’inganni, come inganna
ogni sera la frotta liberata
in dolce ritmo delle adolescenti
questo felice grido di juke-box.
 
da “Salmo notturno”
Laterza Editore, 1983
Catulliana
 
E’ vero, si, ricordo: c’è stato un tempo
(molto diverso da questo) che ti pensavo:
e certamente, se allora tu fossi stata più scaltra,
avrei scritto, per un tuo sorriso, un eletto poema,
un lamento appassionato, un’accorata elegia;
avrei vegliato le notti per trovare un’immagine
che fosse degna di te, di quella che tu non eri.
Potevi carpirmi quel dono, e sparire,
inseguita persino dal mio rimpianto.
Fosti ingenua a svelarti prima del tempo:
eri fatta d’orgoglio, e di carne.
Speravi un canto da un giullare fedele:
ma se un dono fu dato, io l’ebbi,
quando vidi che non valevi una sillaba.

 

da “Salmo notturno”
Laterza Editore, 1983
La grande città
 
Ed ora sai
che non è dato andarsene, che solo
la fuga è dolce prima di fuggire.
E poi non c’è quell’isola lontana,
lo sai, la grande città
di musica e di luci. Più grande
solo gettano l’ombra le case,
più finestre lungo le mura.
E il passo della donna che t’è accanto
è più simile all’onda.
E più lunga la notte, e più sogni
ti conduce che tu non vuoi sognare.
 
da “Salmo notturno”
Laterza Editore, 1983

Frammento
 
E ritorniamo lungo il muro, soli,
senza ricordi. La mano stringe
addormentata un pugno di tepore
che il vento ci contende. Nel buio
ritroveremo l’angolo di ieri,
i pensieri disprezzati,
lo sguardo chino sulla vecchia tovaglia
a quadri. Racconteremo
senza cercare parole
le nostre storie uguali.
 
da “Salmo notturno”
Laterza Editore, 1983

Montaliana
 
Spesso il bene di vivere ho incontrato:
era l’umile rivo che germoglia
silenzioso nell’ombra, era la foglia
tremula di rugiada nel mattino
esitante, era il vrso d’un bambino.
Male non seppi, fuori del presagio
che rivela l’umana indifferenza:
era una statua mùtila, tra sterpi
e cenere, e una fuga lacerata
d’uccelli, all’alba gelida, e un colpo di fucile.
 
da “Salmo notturno”
Laterza Editore, 1983

A nostro figlio
 
Quando sarai lontano
da noi, quando sicuro
andrai per la tua via
fra i sassi e le pozzanghere e i roveti
e la sterpaglia e i fiori
di questo mondo (ascolta:
sempre la nuvolaglia
cercherà di nasconderti le stelle),
quando da un tuo paese
remoto attenderemo
le tue lettere (sempre troppo rade)
e non sapremo, intanto,
cosa fai, dove sei, chi ti sta accanto
o se invece sei solo,
ecco, allora dal fondo
della memoria tornerà d’un tratto
a tua madre ed a me la nostalgia
di questo caro pianto di te bimbo,
ora che sei soltanto tutto nostro:
pianto tenero, acuto,
inerme e prepotente,
di passero sperduto,
di principe esigente.
A noi, chini al declivio
degli anni, silenziosa
ritornerà nel cuore la stagione
di questa tua serena e riottosa
infanzia, delicata e misteriosa
come lieve corolla
che sboccia timorosa, e che non sa
che profumo darà.
 
da “Salmo notturno”
Laterza Editore, 1983
A mia moglie
 
Amore, non in sogno, irraggiungibile
visione abitatrice d’un oscuro
desiderio, ma vera
terrestre creatura, mia compagna,
mi vivi accanto. Donde mai mi giunse
il miracolo, il dono
di questa tua presenza? Anche se ascolto
questa profonda immensità notturna
che mi sta innanzi, turgida di stelle
come un grembo d’oceano, si nasconde
ogni risposta. Pure da remote
risonanze, da un canto
invisibile, eterno, mi deriva
ogni tua voce, giunge ogni parola
che mi dici nel tempo. Come l’erba
tenera di rugiada tu raccogli
purissima negli occhi la letizia
del mattino del mondo. Tu eri prima
d’ogni inganno ed errore. Tu esistevi
oltremare, segnata
al nostro incontro. Sull’opposta riva
non sapevo d’attenderti, e venivi
anche tu ignara ad un comune approdo.
Se ti guardo, sei limpida. Conosco
l’anima tua quando ti sfiora assorta
malinconia nell’ombra
del male altrui, la voce che si appena
se non può consolare ogni sventura.
Io ti ringrazio. Io so che oltre l’effimera
forma - eppure soave –
che di te si consuma nella fuga
degli anni, ciò che dura
di te senza perire mi solleva
e mi salva e mi lega
per sempre al tuo destino.
Accanto a te non vedo
i confini impassibili del tempo.
Accanto a te non temo di varcare
la soglia impercettibile
dei sensi, liberato
dai ceppi dell’esistere, e salire
al palpito dell’essere, ove nulla
e neppure ricordo è più morire.
 
da “Salmo notturno”
Laterza Editore, 1983
WhatsApp chat