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Tu
 
Tu, che chiamiamo anima. Tu profuga,
reietta, indesiderabile. Tu transfuga
dal soffio dell’origine.
Non ti spetta razione né coperta
né foglio di reimbarco.
Per registri e frontiere:
non esisti.
Ma in sere come queste, di cangianti
vaticinii fra i monti,
ad ogni varco
può apparire improvvisa la tua faccia
d’eremita o brigante.
«Fronda smossa,
pietra caduta» trasale in sé il passante
che la tua ombra assilla
di crinale in crinale,
mentre corri ridendo nell’occhiata
del cielo, che ti nomina e sigilla.
 
Fernanda Romagnoli, Il tredicesimo invitato (1980) Libri Scheiwiller, 2003 (I ediz., Milano, Garzanti, 1980).

        Oggetti

 

I piccoli oggetti, i piccoli
amici-schiavi, che tirano
troppo in lungo la vita! Miei cari,
vi licenzio in tronco. È più dura
forse per me: ma chi monco,
chi gobbo, chi spelato da lebbra;
e il mazzo di chiavi risputato
da ogni serratura.

 

Gli ipocriti inermi! Bisbigliano
Aiuto, pietà.
E s’uncinano a tutti gli appigli,
a tutti i ricordi come labbra
s’attaccano, come vermi.

 

Giù nel sacco – un tonfo – coraggio!
Non sarà un lungo viaggio.
In cantina, il bel dormitorio.
Col teatrino dei topi, il tanfo
del vino, la grata
(tarlata) del parlatorio
per la piuma, per la foglia di passo.
Tra vecchi fratelli… Diciamo
che a noi padroni va peggio,
quand’è l’ora nostra… ma adesso
muoviamoci, andiamo.

Coniugale

 

E affacciati guardando fluttuare
questa frangia di sera sui palazzi,
che di sprazzi vermigli ci colora
polene da balcone
fianco a fianco per vizio coniugale:
che cosa, strenuamente,
resiste in noi – che cosa, più reale
di quello che tentammo
o che insieme sbagliammo dall’inizio
sale dal fondo e ci annaspa nella mente
per attestare ch’è vera, che esiste,
ch’è nostra come un figlio anche malvagio
è nostro, come la vita – anche se sanguina
chinandosi come quest’aria in questa sera?

 

Fernanda Romagnoli, Il tredicesimo invitato (1980) Libri Scheiwiller, 2003 (I ediz., Milano, Garzanti, 1980).

Niente

 

Morte, se vieni per condurmi via,
lascia che ombra su ombra
io ripercorra la gente.
In quest’incrocio di rotte
casuali, ci siamo incontrati
– fra vivi – così inutilmente.
Per migliaia di giorni,
ogni giorno:
all’andata, al ritorno.
Per migliaia di notti,
ogni notte,
coi ginocchi, coi fiati.
Non ci siamo scambiati
niente.

 

Fernanda Romagnoli, Il tredicesimo invitato (1980) Libri Scheiwiller, 2003 (I ediz., Milano, Garzanti, 1980).

È molto

 

È molto ciò che regala una giornata
di primavera – ma non sappiamo spenderlo
né accumularlo, tanto
la sua moneta è in disuso.
Ti sembra astruso dar credito
al minuscolo scoppio della foglia
che sbuccia il ramo a livello di finestra,
e neppure t’accorgi di vederla
nel mattinale scontento… Ma ne dura
la gioia in te fino a sera: in una voglia
di cominciare da capo, una maldestra
baldanza nel tuo passo,
mescolato alle giovani creature,
nell’indulgenza di te… Già questo solo
basterebbe per chiudere all’attivo
il raccolto del giorno – incluso il dolo.


da “Il tredicesimo invitato”, Garzanti Editore

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