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questo è il gatto con gli stivali, questa è la pace di Barcellona
fra Carlo V e Clemente VII, è la locomotiva, è il pesco fiorito, è il cavalluccio marino: ma se volti pagina, Alessandro,
ci vedi il denaro:
questi sono i satelliti di Giove, questa è l’autostrada
del Sole, è la lavagna quadrettata, è il primo volume dei Poetae
Latini Aevi Carolini, sono le scarpe, sono le bugie, è la scuola di Atene, è il burro,
è una cartolina che mi è arrivata oggi dalla Finlandia, è il muscolo massetere,
è il parto: ma se volti foglio, Alessandro, ci vedi
il denaro:
e questo è il denaro,
e questi sono i generali con le loro mitragliatrici, e sono i cimiteri
con le loro tombe, e sono le casse di risparmio con le loro cassette
di sicurezza, e sono i libri di storia con le loro storie:
ma se volti il foglio, Alessandro, non ci vedi niente.
 
da "Purgatorio de l’Inferno", in Triperuno, Feltrinelli, 1964

 

 

Se d’amore si muore, siamo morti noi

 

se d’amore si muore, siamo morti noi:
siamo un romanzo d’appendice in atto: (anzi,
siamo un romanzo nazional-popolare, ma calibraticamente camuffato da romanzetto rosa): (anzi,
siamo un romanzo osè): (un rosè): (anzi, una coppia di vegeti, di vegetanti vecchietti,
torchiati nel torpido torchio delle nozze d’argento): (a un passo, a un pelo, appena,
da un romanzo nero): (siamo un romanzo rosso, quasi): e noi facciamo, parliamoci chiaro,
pena piena, e pietà

 

comunico le coordinate necessarie; torno da Como, è il 26
settembre, sono le 21,37, ho chiesto il conto al ristorante, prenderò il rapido
delle 21,50, e ti ho capito: è tutto:

 

perché, per te, per me, non è possibile
sopportarla più oltre, questa ambivalenza insolubile, nel vino della vita che viviamo:

 

questa vita, anzi: (la vita): (annacquata, innacquata): e se ti dico e se ti scrivo che
non sono altro che un contemporaneo, a capirmi, a capirci, se va bene, abbiamo, in tutto
e per tutto, il 25% dei nostri eredi naturali, allo stato attuale delle cose:
così, con tanti auguri, ti aggiungo, poi, che noi

 

se d’amore si vive, siamo vivi.

 

Ballata delle donne

 

Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.

 

Se mi stacco da te, mi strappo tutto
 
Se mi stacco da te, mi strappo tutto
Ma il mio meglio (o il mio peggio)
ti rimane attaccato, appiccicoso,
come un miele, una colla, un olio denso.
Ritorno in me, quando ritorno in te
(e mi ritrovo i pollici e i polmoni).
Tra poco atterro a Madrid:
(in coda qui all’aereo, selezionati miei connazionali,
gente d’affari, dicono numeri e numeri, mentre bevono
e fumano, eccitati, agitatamente ridendo).
Vivo ancora per te, se vivo ancora.
Siamo tutti politici (e animali)
 
Siamo tutti politici (e animali):
premesso questo, posso dirti che
odio i politici odiosi: (e ti risparmio anche soltanto un parco abbozzo di catalogo
esemplificativo e ragionato): (puoi sceglierti da te cognomi e nomi, e sparare
nel mucchio): (e sceglierti i perché, caso per caso)
ma, per semplificare, ti aggiungo che, se è vero che,
per me (come dico e ridico) è politica tutto,
a questo mondo, non è poi tutto, invece, la politica: (e questo mi definisce,
sempre per me, i politici odiosi, e il mio perché:
amo, così, quella grande politica
che è viva nei gesti della vita quotidiana, nelle parole quotidiane
(come ciao, pane, fica, grazie mille): (come quelle che ti trovi graffite dentro i cessi,
spraiate sopra i muri, tra uno slogan e un altro, abbasso, viva):
(e poi, lo so che non si dice, ma, alla fine, mi sono odiosi e uomini e animali)

 

 
Occhiali
 
Mi sono riadattato agli occhiali (che la patente, a me, rende obbligati, ormai,
in un paio solo di giorni: vedo tutto più netto: (ma niente mi è, per questo,
diventato migliore, in verità: un semaforo è sempre un semaforo, un marciapiede
è un marciapiede: e io sono sempre io, così)
(quanto al doloroso senso di capogiro,
vaticinato, con l’emicrania, da un Istituto Ottico di corso Buenos Aires, al quale
mi sono rivolto, questa volta, l’ho sperimentato e l’ho superato): (l’oculista
affermava che, con il tempo, io mi ero costruito una mia rappresentazione arbitraria
della realtà, adesso destinata, con le lenti, a sfasciarsi di colpo):
(e ho potuto
sperare, per un attimo, di potermi rifare, a poco prezzo, una vita e una vista)
Omaggio a Catullo
 
Viviamoci, mia cara, che ci amiamo,
e i bròntoli dei vecchi moraloni,
noi ce li valutiamo, tutti, un soldo:
il sole sa morire e ci ritorna:
ma se un giorno ci muore il breve giorno,
la notte eterna, noi, ce la dormiamo:
tu i mille baci mi dai: dopo, i cento:
e i mille, dopo ancora: e io cento, poi:
e dopo, gli altri mille: e i cento, ancora:
poi, fatti i nostri multimila baci,
ci confondiamo il conto, in un pasticcio:
se no, un cattivo ci fa il menagramo,
che sa che sono tanti i nostri baci.
Afferra questo mercurio
 
afferra questo mercurio, questa fredda gengiva, questo miele,
questa sfera di vetro arido;
misura attentamente la testa del nostro bambino
e non torcere adesso il suo piede impercettibile:
nel tuo capezzolo devi ormai convertire
un prolungato continente di lampade,
il fiato ossessivo dei giardini
critici, le pigre balene del ventre, le ortiche
e il vino, e la nausea e la ruggine;
perché ogni strada subito
vorrà corrergli incontro, un’ernia ombelicale incidere
il suo profilo di fumo, qualche ippopotamo donargli
i suoi denti di forfora e di fosforo nero:
evita il vento,
i luoghi affollati, i giocolieri, gli insetti;
e a sei mesi egli potrà raddoppiare il suo peso, vedere l’oca,
stringere la vestaglia, assistere alla caduta dei gravi;
strappalo dunque alla sua vita di alghe e di globuli, di piccoli nodi,
di indecisi lobi:
il suo gemito conquisterà le tue liquide ferite
e i suoi occhi di obliquo burro correggeranno questi secoli senza nome!
(oroscopi)
 
che la semana era tutta divina (para procurarse el amor, giust’appunto),
me lo garantì, al primo colpo, già il 4, insinuato di striscio sotto l’uscio,
negli acerbi splendori dell’aurora, il Tarot inconfutabile di un Frank
(che è un Frank Solano bogotano), dicendomi, in sostanza, di piantarla di pensare
al mio passato, poichè sono superdotato (imbarazzante, ma autentico) di un “signo futurista”:
(che mi arrastra hasta el cielo, in verità, e chi sa che altro diavolo mi fa,
con la mia flecha che se dispara, e con, di conseguenza, nessuno (nessuna) che se resista
una tentacìon “hacia usted”, che son mi, non so, che sono yo, e sono qua, sono qui):
il 6 mi arriva la smentita di un Chabeli: mi avverte, in breve, che all’ordine del giorno per me,
ci stanno limitaciones, e così tenderò a desperarmi, e che devo, allora, tomarmi
la cosas con calma, e devo pure, pur carente di tacto, utilizzarmelo al meglio,
il mio poco, se mi voglio ottenermi un pò di fructos dei miei esfuerzos, e conseguirmi
la realizacìon delle mie nuevas metas:
e non mi ricordavo più che il 5, questo stesso profeta
mi aveva preammonito, addirittura, che, va bene, necessito di afecto (para no perdermi
el equilibrio, se non altro), ma che devo guardarmi dall’enredarmi in una qualunque
relacìon amorosa (che mi avrebbe, altrimenti, procurato soltanto, malamente,
dudas, desconfianza y tormento): (anzichè darmi las satisfacciones):
il 7, ho rinunciato
agli oroscopi: (prendendomi la vita come viene, a me, come mi viene, mi conviene):
 
da Corollario 1992-1996
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