Chi della mia generazione non ha amato don Milani ? Chi non ha letto, almeno, Lettere a una professoressa formandosi, in qualche modo, sulla potente spiritualità specchiata nella pratica di vita del priore di Barbiana ? Chi, dunque, tra di noi può non aver aderito, partecipato ed essersi commosso nell’assistere all’opera teatrale “Vangelo secondo Lorenzo” ? Sulla scena scarna, sulla quale si susseguono quadri del percorso umano di don Milani, ritroviamo tutta la potenza rivoluzionaria dell’applicazione dei principi evangelici da lui incarnati nella vita .
La fedeltà alla missione alla quale si era consacrato risalta nitida e possente insieme al ritratto di una figura umana grandiosa pur nella fragilità della carne, di una salute minata che non ha mai avuto il sopravvento sulla forza d’animo e la volontà di compiere fino in fondo l’apostolato al quale si sentiva votato.
Un’operazione importante, dunque, a richiamare l’attenzione su temi che nella nostra epoca tornano oltretutto di pressante attualità.
Leggo che il testo, scritto a quattro mani da Leo Muscato e Laura Perini e del quale il primo è anche regista della rappresentazione teatrale, è in realtà più corposo comprendendo, oltre ai due periodi dell’esistenza di Lorenzo portati in scena: quello della pratica evangelica a San Donato di Calenzano e a Barbiana, anche gli anni giovanili di Lorenzo e quelli della scoperta della chiamata e del seminario, che sono stati sacrificati nella messa in scena, adattamento che si è reso necessario dai quattro ai due atti per esigenze di rappresentazione teatrale.
Comprendo quindi come sia stato faticoso ridurre la pur breve ma ricchissima di esperienze ed opere avventura umana del sacerdote ai soli periodi pastorali trascurando quelli dell’infanzia a Milano e della rivelazione della vocazione; nonostante ciò avrei comunque preferito una ancor più approfondita disamina dei temi sociali: quelli del rapporto con gli operai e con i ragazzi a discapito di quelli più privati, probabilmente a ragione di una mia ancora non sopita, nonostante i decenni trascorsi, antica nostalgia dell’attenzione ai temi sociali.
Plauso agli attori tutti, tesi a rendere vivi e palpitanti i propri personaggi nelle loro rudezze, ingenuità, volontà di riscatto e umiliazione nella sconfitta; particolare plauso a Alex Cendron che dona a don Milani una vena tenera e furente, remissiva e combattiva, di dolcezza e sprone verso gli umili e gli oppressi, di collera e condanna verso i sorprusi, i sopraffattori e gli indifferenti; mai domo, sempre coerente malgrado la solitudine spirituale nella quale era stato confinato da una larga parte del clero.
Il tutto in un rapporto costante con il pubblico con il quale il filo del dialogo non si spezza mai, pubblico che infatti ha seguito, attento e rapito, la rappresentazione dei momenti “alti” della vita di questo gigante di un’epoca non così lontana.
Regia limpida, pulita, asciutta, tutta volta al servizio del rendere fruibile e coinvolgente il messaggio di don Milani, il dono di sé all’uomo, l’incarnazione del messaggio evangelico.
Applausi, tanti, tributati a far tornare in scena gli interpreti più e più volte.
E con grande gioia ci accorgiamo che la sala è gremita di tanti giovani entusiasti e commossi.
Se il teatro serve a purificare gli animi questa serata al Teatro Sociale di Brescia ha centrato il suo obiettivo e il suo compito.
Stefania Minnucci
Brescia, 11 aprile 2019
scritto da Leo Muscato e Laura Perini
regia Leo Muscato
con Alex Cendron nella parte di Lorenzo Milani
con (in ordine alfabetico) Alessandro Baldinotti, Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Nicola di Chio, Silvia Frasson, Dimitri Frosali, Fabio Mascagni, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Beniamino Zannoni
e con otto bambini nel ruolo degli allievi della Scuola di Barbiana
(in alto la locandina della prima rappresentazione a San Miniato, in occasione del cinquantesimo anniversario dalla morte del Priore di Barbiana)