“Federica Vincenti detta Luna" produttrice per caso attrice per vocazione”
Ci piace intitolarle così queste quattro note semiserie ma poi non tanto sul film “Eterno Visionario” visto pochi giorni fa a Brescia nel rinato cinema Moretto, bellissimo, dove si possono apprezzare come accomodati nel proprio salotto le perle del cinema come quello di cui stiamo parlando. Perché dico “produttrice per caso attrice per vocazione” perché al suo debutto sul grande schermo la suesposta produttrice de l'“Eterno Visionario” ha dato vita alla musa ispiratrice di Pirandello: “Marta Abba” che Federica con l’umiltà che le è propria ha saputo affrontare e superare la prova a pieni voti e penso che ci sia voluto non poco coraggio e notti insonni nell’affrontare l’impresa ma non poteva essere diversamente perché se è vero che le cabale hanno qualche fondamento di verità, leggo che Federica è nata proprio il giorno della consegna del Nobel a Pirandello: l’8 Novembre…poi dicono le coincidenze! Non mi dilungo a descrivere i motivi per cui scrivo questo, bisogna vedere il film per apprezzare i mezzi toni di una recitazione non arrogante, sobria, velatamente malinconica quando serve, timida all’inizio, e poi sicura negli anni della maturità.
Detto questo, è d’obbligo passare alla regia. Caro Michele, hai compiuto una impresa titanica anche considerando che non hai più vent’anni (Ah le beau temps!) per la mole di lavoro svolto non solo nello scavare nella vita familiare e non di Pirandello ma nel dirigere tutta quella moltitudine di comparse e non, vivendo in situazioni le più diverse, passando dal gelo nordico alle solfatare di Sicilia.
Ma parliamo del film.
Una locomotiva di Carducciana memoria (...va l’empio mostro conscio di sua metallica anima…) questa locomotiva, dicevo, incombe nel suo perentorio avanzare e, protagonista anch’essa, trascina il poeta con il carico delle sue memorie, dei suoi incubi, delle sue angosce,verso Stoccolma verso il Nobel, verso la fama! Certamente Placido, frequentatore da tempo immemorabile de “L’uomo dal fiore in bocca“ che tante soddisfazioni gli ha dato, si è ricordato della prima battuta con cui inizia quel meraviglioso atto unico di Pirandello...“ha perduto il treno ?”…e inconsciamente, ma forse no, ha voluto omaggiare quella immagine che tanto l'ha ossessionato ficcandocelo di forza Pirandello su quel treno, mettendolo in viaggio verso l’acclamazione del Nobel. Era l'8 novembre 1934. Durante il viaggio Pirandello ripercorre tutta la sua vita e qui non è facile raccontare le tante situazioni anche intime di cui è ricco il film e anche qui me la cavo dicendo “andate a vederlo”: momenti di angoscia come dicevo, momenti di disperazione e poi momenti di speranza, di illusioni e poi momenti d’amore, platonico si forse, ma non meno struggente, amore che sa offrire tanti spunti di ispirazione di esaltazione di estasi e non solo a Pirandello, e poi momenti di grande abbandono di solitudine… insomma la vita! Situazioni che il regista sembra conoscere come le sue tasche, descritti tanto bene quasi li avesse vissuti, e qui nasce il sospetto che la vita propria di Michele abbia a che fare qualcosa con quella di Luigi e questa secondo me è la parte più nascosta,enigmatica ma la parte migliore da cui nasce l'intuizione del film: il nascosto che dà sapore alla creazione artistica.
Forse il regista non se ne è reso conto, forse sì, di aver fatto del film anche una vivisezione della propria di vita, una seduta psicanalitica di cui il professor Luigi Pirandello risulta fare la parte del medico curante. Allora direte Placido racconta i fatti suoi? Non ho detto questo! Perché allora Fellini cosa faceva? Ogni artista vero dà sempre un rendiconto di sé, è questa la bellezza dell’arte, la proiezione di sé nel momento artistico. E allora evviva la maturità finalmente raggiunta da Michele!
E poi c’è Fabrizio Bentivoglio che fa la parte di Pirandello, una bella gatta da pelare, e qui non so pronunciarmi bene perché non vorrei apparire invidioso facendo io - quando mi capita - lo stesso mestiere, ma forse Bentivoglio troppo si è specializzato nel tempo in parti brillanti e spiritose dove è veramente insuperabile che non sono riuscito ad adattarmi a vederlo in questo contesto così altamente drammatico… oddio c’è da dire che ho visto fare Pirandello anche da Servillo! Come, Pirandello fatto da Servillo? Si! Mah!
E adesso parliamo di un’altra protagonista del film, Valeria Bruni Tedeschi che io segretamente ho sempre amato, forse proprio per il suo modo di essere scapigliata. Qui fa la parte di una pazza; ma io mi chiedo: Antonietta Portulano, la moglie di Pirandello, era proprio così? Tirava tutti quei piatti? Certo che se il regista glieli ha fatti tirare… vuol dire che lui sa quello che i più non sanno. Il fatto è che io avevo un’altra idea della sua pazzia, ma forse i pazzi sono tutti uguali. Sono pazzi e basta!
In conclusione, un film non facile che per essere capito bene andrebbe visto minimo un paio di volte, se bastano. Già, lo farò, seguirò il mio stesso consiglio.
e. p.