Alle 19 in punto, con precisione asburgica, si apre il sipario del Madách Színház sul primo quadro del “Fantasma dell’Opera”.
Teatro gremito, non una poltrona libera, la consueta, straordinaria presenza del pubblico ungherese educato da sempre a partecipare e a godere dell’attività culturale, la cui offerta a Budapest è notevole per quantità e qualità.
La storia la conosciamo, e comunque veniamo aiutati nella comprensione del canto e del recitato dalla traduzione in lingua inglese che scorre sul tabellone posto in alto sopra il palcoscenico, anche se spesso lo ignoriamo per non perdere di vista la godibilissima messa in scena ricca di costumi, colori, quadri, fondali, trovate sceniche e interpretative che, utilizzando l’ironia e la sorpresa, smorzano spesso la tragicità del tema concedendo al pubblico un sorriso, se non una risata liberatoria.
In quanto agli interpreti, compagnia molto rodata essendo la rappresentazione riproposta ciclicamente da anni, non possiamo che trovare parole di elogio per tutti indistintamente.
Un lavoro corale, un meccanismo senza sbavature, una piacevolissima serata d’immersione in una favola “nera” e insieme tenera, d’amore e di rifiuto, di solitudine e di speranza di riscatto, di sublimazione nell’arte, di effimera gioia e di disperazione.
Oltre due ore avvolti nella calda atmosfera del teatro.
Fuori, la magica Budapest pare voler avvolgerci anch’essa in un’atmosfera di mistero.
s.m.