"Marcello Mastroianni", libro di Jean A. Gili
Può la “grandezza” essere discreta ?
Un pomeriggio dedicato a Marcello a 23 anni dalla sua scomparsa. Sembra impossibile che se ne sia andato da così tanto tempo, forse perché è sempre stato, e ancora è, presente nelle nostra storia personale grazie a quel magico gioco che è il cinema e all’illusione che lo schermo crea di donare sostanza, vita, verità e contemporaneità alle sue immagini, ai suoi personaggi e agli attori che li interpretano.
In tale occasione, preceduta dalla proiezione del film “Verso sera” della Archibugi, e seguita dall’ “Enrico IV” di Bellocchio, abbiamo assistito alla presentazione del libro di Jean Antoine Gili, storico e critico cinematografico, grande studioso del cinema italiano, libro edito dal Centro Sperimentale di Cinematografia e da Edizioni Sabinae, corredato da immagini bellissime provenienti dall’Archivio Fotografico della Cineteca Nazionale, un’edizione splendida per illustrazioni e testo, curatissima anche dal punto di vista grafico.
Con la moderazione di Giorgio Gosetti sono intervenuti ed hanno parlato del loro rapporto con Mastroianni, Felice Laudadio, Francesca Archibugi, Marco Bellocchio, Walter Veltroni e, a sorpresa, Liliana Cavani, delineando il ritratto di un uomo che rappresenta il cinema stesso, la sua grazia, l’incanto e la sorpresa. Un uomo amabile e amato, schivo, educato, sensibile e riservato, totalmente dedito al suo mestiere per il quale provava una gratitudine gioiosa e fanciullesca: “Il mestiere dell’attore è un mestiere da bugiardoni che permette di continuare a fare il bambinone per tutta la vita. Comunque io non avrei fatto nessun altro mestiere.”
Un amore ricambiato che gli ha permesso di interpretare i personaggi più disparati lavorando strenuamente, a dispetto della sua fama di indolente – più esibita che reale – per vivere una vita sognata, per immergersi nella magia di un mondo oltre lo specchio del reale da cui fuggire continuamente: un’Alice nel Paese delle Meraviglie.
E scorrendo le pagine scopriamo i molti aspetti della sua lunga carriera intrecciata strettamente alla vita, tra set e privato, con notazioni degli amici che lo ricordano con affetto e stima, senza dimenticare le sue grandi prove teatrali, ultima di tutte la memorabile “Le ultime lune” di Furio Bordon con la quale ha voluto dare l’addio al suo pubblico nel 1996.
Un libro così bello e interessante da esser stato divorato in una notte, e in questo mi sento di contraddire Gosetti che aveva asserito che un grande pregio del libro è anche il suo maggior difetto: il non essere un tascabile, bensì un libro di grandi dimensioni e peso.
Potete leggerlo, sì, anche a letto, ovviamente con il dovuto rispetto che si deve alle cose belle; sicuramente non c’è pericolo che vi cada di mano, tanto è l’interesse e l’attenzione che cattura.
Siete in tempo in questi giorni di acquisti spesso inutili o scontati per regalarlo e, perché no, regalarvelo.
Un dono che è un omaggio alla gentilezza.
E per rispondere alla domanda iniziale, la risposta è: sì, un ossimoro che trova in Mastroianni la sua sintesi, in questo uomo malinconico e lieve che, come scrive l’autore : “riusciva a interpretare qualsiasi ruolo perché non era un mostro sacro, un attore che metteva avanti la propria personalità a spese del personaggio. Paradosso dell’attore: si andava a vedere Mastroianni e si scopriva un essere che si infilava nei panni di tutti i suoi ruoli con una sorta di godimento.”
Stefania Minnucci